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Extra moenia: per forza o per amore

Lorenzo Pecchi analizza gli ultimi anni e lancia proposte per risollevare i destini della comunità

Lorenzo Pecchi

di Lorenzo Pecchi*

SIENA. Mi è stato chiesto di scrivere una breve riflessione su Siena e le sue vicende “finanziarie” viste da uno che ha lasciato questa città più di trenta anni fa. In questo lungo periodo ho vissuto in molte città – Los Angeles, New York, Toronto, Madrid e Roma. Lavoro e ho lavorato in diverse istituzioni finanziarie, ho collaborato con il Tesoro, ho insegnato in istituzioni accademiche. A Siena sono tornato saltuariamente per motivi di lavoro e per trovare la mia famiglia.

Non me ne vogliate se la prendo un po’ alla larga, ma sono convinto che dalla storia senese si possano trarre importanti lezioni.

Siena nella sua storia ha vissuto momenti alterni di grande splendore e di grande drammaticità e dolore. Nei primi decenni del 300 la città arrivò all’apice del suo sviluppo economico, culturale e amministrativo. Il governo dei nove fu uno degli esperimenti politici più straordinari tra le citta-stato del tardo medio evo. Un governo oligarchico che era composto principalmente da mercanti e banchieri con l’esclusione dei membri delle grandi “casate” nobili. All’epoca i potenti venivano sagacemente tenuti lontani dal governo. Amministrò con equità e imparzialità le finanze pubbliche, antepose l’interesse collettivo ai diritti individuali e fu duro ed intransigente con  i potenti ed anche con il clero quando era necessario. Sotto la sua egida nacquero le arti di Duccio, di Simone Martini e dei fratelli Lorenzetti. La città crebbe sul piano urbanistico per il piacere dei propri cittadini e per stupire i forestieri. E’ un esempio di come una società si possa sviluppare in maniera armonica in tutte le sue articolazioni quando esiste una classe di governo che abbia la capacità, la volontà, le ambizioni e la visione per indirizzare quello sviluppo. Siena fu il risultato di quelle ambizioni e di quella visione. Quell’esperimento fu irrimediabilmente arrestato dalla più grande calamità naturale della storia europea: la peste nera del 1348. Quasi metà della popolazione morì. I mercanti, i banchieri, gli artisti, gli artigiani e tutto il resto del popolo che avevano fatto grande la città furono letteralmente decimati.

Nel secolo successivo Siena non abbandonò mai del tutto l’arte e la cultura, ma la vita pubblica fu sempre più caratterizzata da lotte intestine talvolta violente per il controllo della città. Nel frattempo l’Italia era diventata il teatro dello scontro tra i sovrani di Francia e gli Asburgo. La fragile Repubblica di Siena che si trovava in un’importante posizione geografica con il controllo della Francigena e l’affaccio sul mare non poteva essere esclusa dal gioco dei nuovi equilibri di potere che si stavano delineando in Europa. Siena che aveva salutato con tanto entusiasmo l’incoronazione di Carlo V nel 1530 diventò sempre più intollerante dell’ingerenza imperiale nei tumultuosi affari interni della città. Nel 1552, in una decisione che non mostrò tanta lungimiranza, Siena si alleò con i francesi e cacciò la guarnigione imperiale dalla città. L’antefatto avrebbe portato alla guerra con le truppe ducali-spagnole schierate da un lato e quelle franco-senesi dall’altro. Dopo mesi d’assedio, la città stremata dalla fame dovette cedere al nemico. Il prezzo che pagò il popolo senese fu elevatissimo; la città da 20.000 abitanti si era ridotta a 6.000. La Repubblica Senese fu annessa al Gran Ducato di Toscana, mentre la parte marittima (Monte Argentario, Orbetello e Talamone) restò spagnola. Questa storia ci insegna che le sorti di una città, di uno stato, sono legate alle capacità, le ambizioni e la lungimiranza dei loro governanti. Siena conobbe il periodo del Buon Governo (1287-1355) a cui fece seguito un lungo periodo di grande instabilità politica, lotte interne e congiure. Le divisioni tra i senesi ed una scarsa capacità di interpretare i nuovi equilibri geo-politici favorirono quel processo che avrebbe condotto alla guerra e alla rovinosa caduta della Repubblica.

Venendo a vicende più vicine a noi, dobbiamo costatare che nelle ultime due decadi la classe politica che ha governato la città non si è distinta per eccellenza e lungimiranza. Piuttosto che impegnarsi nel promuovere lo sviluppo della città, ha preferito indirizzare le proprie attenzioni su quelli che erano i centri locali del potere economico: la fondazione e il MPS. La prima se fosse stata oculatamente gestita come si fa con qualsiasi fondo di investimento con la dovuta diversificazione avrebbe potuto servire le esigenze sociali e culturali di innumerevoli generazioni di senesi per  molti decenni a venire. E’ stata invece utilizzata come strumento per mantenere un controllo ferreo sulla banca con la finalità di prevenire qualsiasi forma di aggregazione, accordo  o fusione con altri gruppi bancari. Una posizione anacronistica che ha messo in evidenza l’incapacità della classe politica di  leggere i cambiamenti in atto nell’economia e nel settore finanziario.  Come se non bastasse politici improbabili sono stati catapultati al vertice dell’azienda bancaria dove hanno operato scelte strategiche (Antonveneta)  e gestionali (Alexandria, Santorini) nefaste. Il risultato è stato quello che neanche la mente più fervida e fantasiosa avrebbe potuto preconizzare: una fondazione drasticamente depauperata con un’irrisoria partecipazione nella banca ed una banca alla mercé del mercato senza nessuna capacità di controllare il proprio destino nonostante gli sforzi fatti dal nuovo management per risanarla. Una debacle totale dalla quale Siena ha un urgente bisogno di risollevarsi e riscattarsi.

Questa volta la classe politica non potrà essere distratta dai centri del potere economico perché questi non ci sono più. Siena ha bisogno di ridefinire le proprie ambizioni ed una chiara e coerente strategia per perseguirle, una funzione che dovrà svolgere la politica. Le aree più promettenti nelle quali la città ha mostrato maggior vivacità, sia in passato che negli anni più recenti, sono la cultura, l’Università, la ricerca e l’innovazione. Il patrimonio architettonico e artistico che la sua grande storia gli ha lasciato in eredità ne fa di diritto una capitale della cultura europea. Per valorizzare a pieno questa eredita è necessario tuttavia passare da una visione di Siena come città-museo, che alimenta prevalentemente un turismo giornaliero, a quella di Siena come centro di cultura con iniziative di carattere permanente con lo scopo di attrarre presenze qualificate più durature. Si pensi ad esempio alla American Academy  a Roma che riunisce artisti da tutto il mondo per dei soggiorni prolungati con la finalità di trovare ispirazione nella città eterna. A Siena un’istituzione simile in campo musicale è l’Accademia Chigiana che meriterebbe un potenziamento ed un rilancio. Le ristrettezze finanziarie in cui versa la città spesso limitano questi progetti, ma qui sarebbe necessario avere la fantasia ed il coraggio di fare accordi con istituzioni culturali di altri paesi che operano con budget ben più importanti e che non avrebbero difficoltà a individuare proficue forme di collaborazione. L’antico Ateneo che primeggia nelle classifiche nazionali e che si distingue a livello internazionale nel campo della linguistica e della medicina può invece diventare il vero catalizzatore dello sviluppo futuro della città e del suo territorio. Attraverso i Poli di Innovazione che riuniscono start up, piccole e  medie imprese è iniziato da qualche anno un processo di interazione tra ricerca universitaria e mondo produttivo per favorire l’introduzione di innovazioni tecnologiche. E’ di recente la costituzione del Santa Chiara Lab, uno spazio per promuovere il dialogo tra innovatori, imprenditori ed artigiani. Sono tutti segnali che indicano che ci si sta muovendo nella direzione giusta. Siena ha davanti a se una grande sfida che questa volta dovrà affrontare senza il supporto delle sue storiche istituzioni finanziarie ma facendo leva esclusivamente sulla grandiosa eredità artistico-culturale che ha ricevuto e sul capitale umano che vive ed è parte delle sue istituzioni.

*economista

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