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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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I pastrocchi, l’arroganza, le ripicche e altre amenità di una politica minore

Siena Attiva lascia l'aula consiliare per protesta contro le dichiarazioni alla stampa fatte dagli "alleati" di maggioranza. E saltano i giochi

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. La crisi è deflagrata ufficialmente. Sotto traccia qualche motivo di insoddisfazione, di incomprensione, a volte di vero e proprio conflitto, c’era già stato ma, ancora fedeli ad un progetto di unità (di maggioranza) Siena Attiva (ex Siena Cambia) aveva fatto da spalla al sindaco e al Pd, nel tentativo di creare una unità d’intenti che, nella realtà non si era mai costituita, ne’ prima ne’ dopo le elezioni.

I consiglieri di Siena Attiva hanno disertato i lavori del Consiglio Comunale di questo pomeriggio.Vano il tentativo (davvero tardivo) del sindaco Valentini, di ricucire lo strappo prima di andarsene per impegni istituzionali fuori Siena. Troppe volte i consiglieri sienattivi avevano chiesto al primo cittadino un segno tangibile della sua “riconoscenza” per la campagna elettorale, per il supporto di idee e per l’iniezione di speranze e di entusiasmo, oltre che di credibilità (tutte cose deficitarie nel Pd) che aveva permesso all’ex sindaco di Monteriggioni di occupare lo scranno più alto del Palazzo Pubblico. Ma, da parte di Valentini, non è mai arrivato nulla. Anzi, semmai il contrario. Semmai, la sua risposta è stata un completo e totale appiattimento sulle linee del vecchio Pd; e neppure di quegli sparuti democratici che, accecati dall’illusione di un cambio di metodologia politica, lo avevano seguito, senza rendere definitiva la spaccatura interna alla sezione comunale bensì di quel Pd forma e sostanza del “Sistema Siena”, mai morto sotto le ceneri della città. Il sindaco non aveva fatto un passo indietro neppure quanto aveva perso i due consiglieri ex sienacambisti Sabatini e Trapassi, disturbati dal cambio di metodo e di programma messo in atto dal “loro” primo cittadino. Il suo maanchismo ha nuociuto all’azione della giunta e ha di fatto snaturato, fin da subito, quell’opera di “rivoluzione” che avrebbe dovuto fare da propulsore ad una rinascita di Siena.

Oggi i tre consiglieri comunali di Siena Attiva pare siano passati alle contromosse, volendo lanciare un segnale chiaro a Valentini e ai “colleghi” di maggioranza che si ostinano ad ignorarli finanche preferendoli all’opposizione.

Cosa avrà provocato questa reazione? Forse le dichiarazioni del segretario comunale, Alessandro Masi, che si proietta al 2018 parlando di coalizione ampia, di allargamento anche l’opposizione, di Marzucchi (ovvero il nuovo che avanza e l’alleanza che non s’è mai vista) ma si dimentica (hops!) di citare Sienattiva?

O sarà che circola, da qualche giorno, la notizia dell’incontro tenutosi la settimana scorsa a Firenze tra Valentini, Scaramelli, Rossi, Parrini, Mazzeo, Bezzini e infine lo stesso Masi?  In poche parole il gotha democratico locale si è dato appuntamento per fare il punto sulla situazione senese: sulle nomine imminenti e di rilievo e, ovviamente, sulle alleanze da costruire in vista delle sempre più vicine amministrative. Sarà quello che si sono detti i succitati ad aver scatenato le ire di Siena Attiva?

Il Valentini vorrebbe ricandidarsi, questo si sa. Ma Scaramelli pare abbia espresso il desiderio di avere in corsa, magari alle primarie, un suo candidato. L’ipotesi candidato unico, come nei desiderata della dirigenza regionale, potrebbe essere percorsa solo a determinate condizioni dettate dal consigliere regionale; una di queste sarebbe proprio l’uscita di scena di Siena Attiva.  Una vittima sacrificabile a cui si potrebbe aggiungere anche l’uscita di scena del vice sindaco Mancuso, per esempio,  e di qualche altro inviso al “rottamatore chiusino”. Il Pd regionale pare aver accolto questa richiesta. Almeno così pare dalle ultime uscite dei democratici locali. Masi che non cita Siena Attiva  tra i possibili alleati anche nel 2o18; Alessandro Orlandini che a “DiSabato” parla di un candidato unico alle prossime amministrative… la macchina si è messa in moto nel migliore dei modi e senza sbavature. Se non fosse che, questa volta, i sienattivi non sono rimasti a guardare ma hanno voluto dare un saggio di quello che potrebbe diventare la vita amministrativa di Siena se non si ricompatta il fronte della maggioranza. Una “crisi di ingovernabilità” che i democratici potrebbero scaricare addosso ai sienattivi secondo un disegno prestabiliti che ha funzionato in passato e che potrebbe essere messo in atto per l’ennesima volta. Mettere l’avversario nelle condizioni di agire nel giusto ma passare dalla parte del torto è un giochetto riuscito l’ultima volta con la caduta di Ceccuzzi. Ricordate la vicenda del voto contrario al bilancio del Comune? Quel documento era da non approvare (lo disse poi anche la Corte dei Conti) ma ormai quei Consiglieri dissidenti erano stati “infamati”: l’obiettivo era stato raggiunto. Che si stia profilando una situazione del genere?

Nel gioco di forza tra le correnti ci si mettono anche le nomine. Roba di non poco conto.

La scelta del nome del nuovo Dg delle Scotte (Tosi dovrebbe andare in pensione a dicembre) sta accendendo gli animi. Dopo la spartizione poco garbata e facilmente sgamabile del cda di Acquedotto del Fiora, dove abbiamo potuto toccare con mano, per l’ennesima volta, che siamo ancora ostaggio di una politica brutta e di basso cabotaggio, torniamo a parlare di correnti interne al Pd che si spartiscono nomine, che fanno pesare il loro “potere” per piazzare uomini di fiducia in posti strategici e ben remunerati (che è meglio). E se spesso, ai nomi, non corrisponde una doverosa quanto necessaria preparazione e competenza tutti paiono farsene una ragione.

Nomi ne sono già stati fatti. Diversi. Alcuni davvero improponibili, altri solo discutibili. Data la situazione delle Scotte, sempre in bilico tra la sua posizione d’eccellenza ed un suo depotenziamento possibile, si comprende come, azioni di mero personalismo o obbedienti solo a clientelismi di corrente, non possono essere garanzia di buon lavoro e di rilancio della struttura sanitaria. Anche in questo caso i senesi non avranno nulla da dire?  Nessuno, interno o esterno all’Università vorrà intervenire in merito? Nessuno vorrà lanciare un nome che sia rappresentativo della comunità senese, magari un accademico, di chiara distanza dal potere del passato (e pare anche del presente)? Sebbene la nomina sia chiaramente politica, si potrebbe in questo caso spingere i politici a fare scelte dettate dal bene comune e non sempre e solo dal “loro” bene? Staremo a vedere. Attendiamo fiduciosi che qualcuno (qualcuno dei propositivi o dei politici locali) presenti il suo candidato e lo condivida con la città invece di sussurrarlo nelle stanze del potere, ben lontano da quella partecipazione con cui si riempivano la bocca certi parlamentari o candidati sindaco del passato recente.

Restando in tema politico ed anche in tema di partecipazione, approfitto per fare un commento all’altro episodio che, negli ultimi giorni, ha fatto parlare sui giornali e sui social: Stefano Scaramelli contestato a Palazzo Patrizi nell’incontro organizzato dall’associazione Vittime del salva Banche.

Non c’ero: ho assistito all’episodio in streeming, servizio gentilmente garantito dal Movimento Cinque Stelle.

Non si può giustificare l’aggressione, neppure quando è verbale. Sebbene Scaramelli non goda della mia simpatia, essendo anche lui, a mio avviso, un giovane di belle speranze convertitosi all’anzianissimo potere, devo riconoscere che quanto messo in atto da una parte della platea di “fregati dalla cricca” non è stato un bel vedere. Fossi stata presente (ma non c’ero) avrei difeso il consigliere regionale a rischio del linciaggio! Ma sarei rimasta a bocca aperta, però, qualche secondo dopo, assistendo alla reazione stizzita e minacciosa del rampante politico. Quando ero molto giovane e accompagnavo mio padre alle assemblee politiche (ero una ragazzina atipica…) ne sentivo di tutti i colori: in quei gloriosi tempi la politica si faceva senza mezze misure, credendoci, portando avanti ognuno le proprie idee. Questo comportava urla, dita puntate contro l’avversario del momento, rimproveri e pure qualche rimbrotto non proprio “cavalleresco”. Eppure nessuno di quegli uomini ha mai lasciato la sua posizione; nessuno si è mai lasciato zittire; nessuno, forte delle sue idee ha detto all’altro “ti aspetto fuori” abbandonando l’aula. Nessuno mai si sarebbe sognato di fare l’offeso davanti a gente che portava i segni di una ingiustizia e che si vedeva defraudato di sacrifici e lavoro. Nessuno degli uomini di sinistra che conoscevo ai tempi di mio padre si sarebbe permesso di difendere l’azione di un Governo che, ad oggi, ha agito poco e male e che ha ancora al suo interno un Ministro coinvolto nell’affare che ha portato alla rovina migliaia di persone. L’umiltà e lo spirito di servizio che caratterizzavano i politici di un tempo (quelli alla Berlinguer, per capirci) sono morti da quando il “politically correct di facciata” è entrato a far parte del nostro vivere quotidiano. Scaramelli, che pure ha subito un violento affronto ed ha la nostra solidarietà, ha perso una grande occasione: quella di conquistare una platea riottosa e prevenuta con il solo mezzo della sensibilità e della “compartecipazione” ad un dramma vissuto. Poteva, in altre parole, esprimere senza remore, la sua vicinanza a cittadini incappati in un meccanismo più grande di loro, diventate vittime del sistema. Ha scelto la linea della Boschi (quella di voler passare per il bravo e il giusto) senza pensare che, forse, questo ruolo non se l’è meritato. Seppure possa aver fatto qualche dichiarazione di buon senso in passato non lo abbiamo visto combattere fattivamente all’interno del suo partito o della sua banca per contrastare comportamenti malevoli e dannosi per la collettività. E di fronte a chi subisce un torto, dire “io l’ho detto” non vale. Parlare davanti ad un pubblico di tesserati, di simpatizzanti o peggio di “serventi” è un gioco da ragazzini. Il politico di razza si vede quando parla a chi è prevenuto e riesce forse non a conquistarlo ma almeno a farsi ascoltare… ma le mie sono considerazioni da nostalgica di una sinistra che prima pensava alla gente e poi alle poltrone e al potere… tempi di lotte di classe, di conquista dei diritti, di sindacalisti in cannottiera (altro che maniche di camicia), di politici di paese e di qualche deputato che lavorava la terra nei fine settimana… sembra secoli fa!

 

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