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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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C’è un generale Choltitz a Siena?

Fu l'uomo che si oppose alla distruzione di Parigi durante la II guerra mondiale... Servirebbe anche qui

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. Siena vive quasi inconsapevolmente questo autunno caldo. Sarà che sono ancora in corso i festeggiamenti della Lupa per lo storico cappotto… sarà che le due squadre del cuore stanno tentando di risalire la china da una condizione di crisi che non può dirsi superata… sarà che la rassegnazione è ormai l’unico sentimento che avvolge i senesi quando si parla di Mps.

E’ sorprendente – a tratti sconvolgente – seguire i dibattiti sui social di chiara matrice senese. Se da una parte c’è l’attivismo di chi si tiene informato e ci tiene ad informare su qualsivoglia vicenda, nelle modalità e nella “politica” più confacente al suo pensiero, dall’altra c’è una capacità di perdersi in fatti e opinioni senza la benchè minima importanza che lascia sgomenti. Per carità! E’ vero che occorre pur distrarsi, svagare la mente dagli affanni di questa esistenza e giocare con le parole e con il pensiero ma, a volte, è utile concentrarsi e confrontarsi su questioni di maggior peso che rendono il senso di appartenenza ad una comunità al pari del palio, del decoro della città e della sua storia passata.

Gli articoli su Mps e sulla fase estremamente delicata che sta attraversando si sprecano. Fuori Siena in massima parte, ovviamente. A Siena si riportano le voci di bene informati  e si crede ancora alle favole. E chi non ci crede – e teme che per la banca e per la città il peggio ha da venire – è solo un corvo, un disfattista, un folle o, meglio, uno che non ama Siena e la banca. Se a gridare “al lupo” è un politico si fa presto a dire che è di parte. Se lo fa un giornalista, anche in questo caso, lo si liquida dicendo che è disinformato, che vuole diffondere il terrore, che è più facile criticare che proporre soluzioni. Come dire che un giornalista in Siria, che riferisce dello sterminio, della morte, delle macerie e dell’emergenza umanitaria lo fa perchè “vuole diffondere il terrore” invece di “proporre soluzioni”.

Non abbiamo più chiaro il ruolo e la competenza di ognuno di noi nella società. Siamo troppo presi ad obbedire o a comandare – o contemporaneamente ad obbedire a qualcuno e a comandare su qualcun altro – e non ci accorgiamo più della nostra posizione e dei nostri compiti nella società. C’era un tempo in cui i banchieri facevano i banchieri, gli amministratori pubblici facevano gli amministratori pubblici e i politici facevano i politici. Oggi (e ormai da qualche anno) i politici si occupano del futuro della banca, credono di fare accordi con colossi d’affari internazionali, pensano di decidere chi deve amministrare la banca ed i tempi di intervento sulla stessa. E la cosa peggiore è che fanno tutto questo senza capirci nulla di finanza ed appoggiandosi (per ragioni che terrorizzano le menti consapevoli) a comitati d’affari che non possono che pensare ai propri interessi e non certo a quelli delle comunità pseudo rappresentate dai politici di cui sopra. Da ciò deriva, in massima parte, il caos nel quale siamo immersi dove chi ha soldi fa più soldi e chi non ne ha vede aumentare inesorabilmente la sua povertà.

Sapevamo che Renzi aveva deciso l’uscita di Viola da Mps, intermediario il ministro dell’Economia Padoan.  Sul Corriere della Sera di lunedì (evitiamo di riportare la diatriba tra De Bortoli e Carrai), si riferisce anche di un incontro riservato tra Renzi e il numero uno di Jp Morgan, Jamie Dimon alla presenza dell’ex ministro Vittorio Grilli, anche lui in Jp Morgan. Cosa è stato deciso? Quale destino sarebbe toccato alla banca senese? Nessuno se ne interessa. A nessun senese viene di porre delle domande? Neppure al sindaco Valentini? Neppure al presidente della Fondazione Mps Clarich? Perchè alcuni nomi tornano, inquietanti, nei momenti delicati di questa banca? Perchè nessuno si è indignato di fronte alla nomina di Morelli fatta superando a piè pari il cda della banca e costringendo il presidente Tononi alle dimissioni?

Ma siamo sicuri che questa “traduzione” dei fatti sia poi quella giusta? Ovvero: siamo sicuri che il patto Renzi-Jp Morgan sia stato quello uscito vincente nell’affaire Mps?

La vicenda è complessa: Ferruccio De Bortoli cerca di spiegarla in chiave renziana. I vari passaggi riguarderebbero i crediti inesigibili, un prestito ponte, l’aumento di capitale e tanti vantaggi per  il colosso a stelle e strisce che ha interesse anche nelle operazioni di “rilancio” di Unicredit. Insomma: gli americani di interessi in Italia ne hanno tanti e, in questo quadro, si capiscono meglio le uscite sul referendum del console americano nel nostro Paese. E forse sarà il referendum a scandire il calendario delle decisioni sul futuro della banca… più delle necessità della banca stessa.

Ma forse le cose non sono andate come nei desiderata del Governo e come le traduce De Bortoli. C’è chi giura (e il sms di Carrai a Viola potrebbe essere spiegato solo in questo modo) che non sarebbe Morelli l’uomo di Jp Morgan. Lo era Viola. L’uscita di quest’ultimo, allora, non sarebbe stata voluta da Renzi ma da qualcuno che può far valere un altro tipo di potere (economico) sulla banca senese. Ipotizziamo che quest’uomo sia un altro che su Mps ha avuto un ruolo anche in passato; uno tipo Mario Draghi. Se fosse stato lui a chiedere l’avvicendamento Viola-Morelli, vorrebbe dire che sull’istituto senese a pesare non sarebbe più Jp Morgan ma che il piano sarebbe tutt’altro, ancora non specificato. Questo potrebbe spiegare anche il “cambio di atteggiamento” del Governo nei confronti dell’Europa e delle questioni bancarie internazionali, prime tra tutte quelle tedesche. Che ci sia stato uno sgambetto di ancora non ben chiara ragione? Che gli interessi del “giglio magico” come definisce Lettera43 i rapporti intrecciati tra “quelli che contano a Firenze” siano passati in subordine rispetto a quelli della Bce?

Ma torniamo a Mps. Il piano industriale è fortemente atteso il 24 ottobre prossimo. Marco Morelli ( a Siena proprio negli anni in cui a banca Mps venne inferto il colpo mortale) ci sta lavorando, proprio mentre scriviamo. In tanti giurano in un ruolo importante giocato dalle obbligazioni subordinate. 5 miliardi di euro complessivi di cui poco più di due con taglio da 1.000 euro e i restanti con taglio da 50 mila euro. Conversione su “base volontaria” sarebbe il primo passaggio a cui seguirebbero altri passaggi. E l’aumento di capitale, in questo modo, potrebbe essere ridotto nella misura in cui sarebbe possibile trovare soci aderrenti. E mentre la Fondazione Mps si tiene fuori (in tutti i sensi) si insiste con il parlare di fondi sovrani del Quatar interessati al Monte. Ipotesi che ha più l’odore di un “diversivo di stampo ottimistico” che una valenza concreta.

In tutto questo Jp Morgan vorrebbe ancora farla da padrone. Ha addirittura incaricato una americanissima società per valutare i 9,2 miliardi di crediti inesigibili che Mps vuole scrollarsi di dosso ad una cifra che possa dargli un qualche respiro… Ma il valore potrebbe essere (e lo sarà anche solo per ragioni di interesse) a scendere. Un altro colpo basso per i conti del Monte. Insomma, la banca senese pare essere una balena spiaggiata con pochi volontari a soccorrerla e tanti avvoltoi che le girano intorno!

L’inadeguatezza della politica nazionale fa il pari con quella espressa dalla politica locale. Avevano lasciato qualche settimana fa Scaramelli sbraitare contro il dottorino con “incontinenza verbale” contro i contradaioli e vorremmo ritrovarlo oggi a parlare della banca, a chiedere spiegazioni al suo premier, da lui seguito e ammirato fin dalla prima ora; vorremmo chiedergli cosa ne sa di questa faccenda e quanto rischiano i risparmiatori che hanno investito in obbligazioni subordinate Mps. Si è posto il problema, Scaramelli (o anche il suo collega Bezzini) di cosa può accadere a Siena e nella provincia se si concretizzasse il rischio di bail-in? Ovvero se si azzerassero i bond come avvenuto in altre banche ancora sotto i riflettori? Cinque miliardi di subordinate Mps: vogliamo dire che circa la metà sono state piazzate in Toscana? E cosa accadrà ai senesi se questa ipotesi improvvisamente si concretizzasse? Altro che crisi di Banca Etruria! Si azzererebbero i risparmi di tante famiglie e quello che era un territorio florido e quasi un’oasi di pace nel ben più complesso scenario italiano, sarebbe al centro dell’ennesimo “furto autorizzato” della storia economica italiana. E non stiamo parlando di cose che potrebbero accadere tra qualche anno… stiamo parlando di operazioni che potrebbero avvenire solo tra qualche mese, a inizio 2017.

Ma noi non vogliamo pensarci ed anzi vogliamo credere che ci sia un altro finale a questa storia. Sicuramente ci pensano, meglio di noi, quelli che sono stati chiamati a svolgere questo compito arduo di rimessa in sicurezza del terzo polo bancario italiano (o almeno fu!). Non vogliamo fare altre ipotesi e non vogliamo passare per corvi o “nemici della patria”. Volere, per i comuni mortali, in questo tempo avverso, è inopportuno. Quasi di cattivo gusto!

Eppure ci spingiamo oltre e vorremmo chiedere a Valentini, che si è detto pronto a ricandidarsi per il suo secondo mandato da sindaco a Siena, di impegnarsi in questo frangente. Non in veste di politico (in questa storia pare che la politica abbia fallito) ma in veste di rappresentante della comunità senese. Lui (quello del messaggino a Renzi sul nome del presidente della Fondazione Mps), dovrebbe, in questi giorni di particolare delicatezza per la banca, svolgere un ruolo di garanzia nei confronti dei suoi cittadini e chiedere spiegazioni di quanto sta accadendo tra le mura della banca (non diciamo della Rocca perchè ormai anche i cda li fanno a Milano!). La sua corsa al secondo mandato, per quanto improbabile, potrebbe avere un sapore diverso se fosse supportata da una vera battaglia per la difesa di tutti coloro che vedono a rischio, in questo momento, i loro risparmi.

Il nostro sindaco, invece, è alle prese con la costruzione di un’altra forma di comunicazione istituzionale: quella tramite social. Le sue note alla stampa, infatti, passano prima da FB e, solo dopo qualche ora, vengono ufficializzate attraverso un comunicato stampa, con un semplice copia-incolla. Per questo diventa importante, per chi vuole tenersi aggiornato sulle questioni comunali, avere il sindaco tra la lista di amici… e per questo, il povero Valentini, per accontentare le tante richieste di amicizia, è costretto a cancellare vecchi amici e sostenitori (tipo Carmine Diurno) per dare spazio a nuove conoscenze. Una logica difficile da comprendere per chi, come noi, crede ancora nei rapporti di amicizia e di riconoscenza e non si è completamente digitalizzato…

Ma le nostre speranze, le nostre opinioni, i nostri gridi di allarme, sono piccola cosa; siamo solo colibrì in una foresta in fiamme…

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