Mussari scommise su Antonveneta, Profumo sull'aumento di capitale
di Red
SIENA. Sbaglia Alessandro Profumo quando dice che il rinvio dell’aumento di capitale è stata una “scommessa”. Vinta dalla Fondazione, certamente, ma abbiamo sempre sostenuto che la scommessa sono lui e il suo aumento di capitale e non la consunzione di Palazzo Sansedoni. E gli avevamo fatto notare che, ogni qualvolta esternava sulla cosa, il titolo perdeva colpi come i grafici su borsaitaliana.it puntualmente ricordano agli smemorati. I movimenti intorno a Rocca Salimbeni, una volta resisi conto che per prendere il Monte dei Paschi qualcosa alla Mansi e in definitiva alla città di Siena bisogna concedere, sono ritornati vivaci. La signora Antonella potrà lasciare con soddisfazione il prossimo agosto la Fondazione (grazie alla manciniana riforma dello statuto) per riscuotere il premio personale del suo successo, lasciando il posto al ritorno di uno della Casta senese. Nel frattempo Profumo incasserà il suo aumento garantito dal pool di banche costituito a dicembre e riconfermato – il cane non molla mai l’osso e l’allora minaccia profumiana che non si sarebbe replicato era una boutade di basso livello – che rimane sempre quello che descrivemmo in forte odore di conflitto d’interesse, Mediobanca per prima. Quel male sottile che avvelena tutta la società italiana dai tempi del tycoon “sceso in campo”, che nessuno vuole risolvere.
Così, arrivati a metà maggio, il disegno renziano potrà aggiungere un altro tassello al suo piano di governo. Il prode Profumo, politicamente ormai in mezzo tra Renzi e D’Alema, riconsegnerà al presidente del Consiglio tre miliardi di Monti bond, evitando di pagare gli interessi corposi che aveva chiesto la Commissione Europea per non classificarli come Aiuti di Stato. Soldi che a fine mese il premier fiorentino potrebbe utilizzare per finanziare quegli 83 euro nelle buste paga dei lavoratori dipendenti che ha già promesso ma di cui oggi non ha copertura. E infatti non a caso li ha annunciati nei salari del 27 maggio prossimo. Realismo politico o preveggenza?
Il mitico Profumo venerdì sera a Poggibonsi ha donato un’altra perla: “le banche hanno prestato troppo e non troppo poco”. Grandi numeri sacrosanti forse, ma nello specifico a chi hanno prestato? Al grande elettore di sinistra Carlo De Benedetti quelli del Monte hanno concesso 600 milioni per l’avventura Sorgenia, senza chiedere alcuna fidejussione. Tant’è vero che la proprietà dell’azienda che fa capo – direttamente o indirettamente – al grande vecchio della finanza “di sinistra” può contrattare con le banche da una posizione di forza che a nessun artigiano o piccolo industriale sarebbe stato concesso. La famiglia De Benedetti (princeps Rodolfo, figlio di Carlo), non metterà soldi in Sorgenia e cavoli delle banche. Infatti Sorgenia è passata in contenzioso e il Monte potrebbe dover trasformare i crediti in azioni e diventare il primo azionista di una società elettrica. Siamo tornati ai primi del Novecento e all’impianto ad acetilene che dalla Colonna di San Marco dava luce alla città di Siena? Se Mussari e Profumo avessero conosciuto la storia di questa città forse si sarebbero fatti due conti prima. Oltre a controllare le firme sui conti correnti…
A Romain Zaleski, quello del palazzo di Via dei Normanni a Roma avuto a buon prezzo da Mussari (e su cui un giorno torneremo a parlare), sono stati prestati talmente tanti soldi che alla fine l’hanno dovuto fare fuori per disperazione (qualcuno ha scritto che avrebbe sperperato due miliardi), dalla guida delle sue società “sono fuori – ha detto qualche giorno fa – mi godo la pensione”- Certo non quella dei pre-pensionati del Monte, ma indirettamente finanziata dai contratti di solidarietà di quelli che nel Monte sono rimasti a lavorare. Intesa è dentro la Tassara con 1,2 miliardi, Unicredit con 500 milioni, MPS è il terzo creditore. E fermiamoci qui con gli esempi altrimenti ci prende un accidenti, ma pensiamo che tutti i piccoli clienti (artigiani e commercianti, industriali) di Rocca Salimbeni di Siena e Grosseto messi insieme non arrivino a totalizzare debiti verso il Monte pari a questi due soli personaggi.
Dopo il Mussari che scommise a suo tempo su Antonveneta, adesso Profumo lancia un’altra scommessa, che ci fa venire i brividi. “L’auspicio è che Mps rimanga una banca autonoma, indipendente e basata a Siena”, ha chiosato sempre a Poggibonsi e, visto che non sembra prenderci troppo con le scommesse, tra arrivi di finanzieri dell’Est, dell’Ovest e del Nord, si è già chiamato fuori dal perimetro del management che deve avere “stabilità e prospettiva”. Se afferma questo, è probabile che sarà diversamente, come la banche di Credito Cooperativo che, negli accorpamenti richiesti dalla Banca d’Italia, si allontanano sempre di più da Siena: Monteriggioni è ormai banca fiorentina, Sovicille guarda al mare, Asciano diventerà una dependance della Chiana ma non ci sono politici di spessore che possano invertire il trend in questa città. Forse era meglio la nazionalizzazione del Monte, pericolo che Profumo ha sempre evocato come i nemici del Deserto dei Tartari che non arrivavano mai. Abbiamo lavorato su dichiarazioni e avvertimenti del manager genovese ma ancora una volta non abbiamo trovato una parola di spiegazione del perché quello fosse il vero male per la banca e per la città: per riappacificarci con noi stessi come il tenente Drogo vorremmo che lui ci desse una motivazione vera e articolata. Perché noi non siamo abituati a scommettere.
