Ma le proposte di variazione sono sconosciute ai più
di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Lo scandalo MPS e la sortita di Berlusconi sull’Imu, secondo i più autorevoli commentatori nazionali ed esteri, hanno chiuso il ciclo di risalita del titolo MPS verso quel valore che avrebbe permesso alla Fondazione una rapida e soddisfacente (per i creditori e soltanto per loro) alienazione di azioni della banca. Visto che al Corriere della Sera risulta che i debiti col pool bancario si dovranno restituire a partire dal 31 dicembre 2015 forse sarebbe meglio lasciare nelle mani della nuova Deputazione – visto che il tempo non manca – le decisioni che determineranno, con la discesa nel capitale di MPS sotto il 33%, il sostanziale tramonto di Siena. Eppure da qui a giugno le occasioni per Mancini di procedere non mancheranno e ci si interroga se la Deputazione in scadenza di Palazzo Sansedoni voglia insistere su questo punto. E su un altro: la volontà di approvare di gran fretta un nuovo statuto dell’ente. Ci si chiede se questa Deputazione generale, e quella amministratrice in particolare, siano idonee a svolgere due compiti così delicati.
Un’accusa di illegittimità è venuta dal presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti: “Lo statuto della fondazione Mps è illegittimo perché non rispetta la legge Ciampi”. Sarà vero, ma allo stesso Guzzetti per tanti anni non è dispiaciuto tenere al suo fianco “l’illegittimo” Gabriello Mancini in qualità di vicepresidente dell’associazione delle Fondazioni. Ma se gli attuali occupanti delle poltrone fossero davvero illegittimi, quale valore avrebbe una loro decisione di cambiare lo statuto? Le ormai prossime elezioni politiche nazionali potrebbero rivelare un cambiamento nella distribuzione del voto popolare che non rifletterebbe gli attuali equilibri politici nella Deputazione. La campagna di primavera per l’elezione del nuovo sindaco potrebbe a questo punto sconvolgere le carte e i nuovi amministratori si troverebbero a lavorare per cinque anni con le scelte fatte da altri. Questa Deputazione discute e sceglie nel chiuso delle stanze che affacciano su Piazza del Campo, senza informare i cittadini di alcunché. Già si borbotta che gli amministratori che dal 2009 hanno guidato la Fondazione hanno visto crollare il piccolo mondo antico senese senza fare nulla e senza nemmeno informare, ancora una volta, i cittadini.
Dal 2009 ad oggi nessuno degli inquilini di Palazzo Sansedoni ha mai scritto qualcosa di importante, che illustrasse la situazione finanziaria dell’ente o che manifestasse opposizione al volere altrui. Neanche una ricerca su Google ci ha dato soddisfazione in tal senso. Abbiamo registrato solo una posizione critica espressa dalla signora Buscalferri all’epoca del suo appoggio alla candidatura a sindaco di Laura Vigni nel mese di aprile 2011, con stucchevole polemica con il piddino Brenci. Ma nemmeno il campanello d’allarme della cacciata del provveditore Parlangeli il 2 luglio (notizia da noi anticipata il 30 giugno), aveva fatto comprendere ad alcuno di loro, almeno pubblicamente, che la Fondazione stava per finire in rovina con l’aumento di capitale di 2,4 miliardi in arrivo. E puntualmente è successo. Nel 2013 l’unica voce a favore di un rapido cambiamento dello statuto viene proprio dalla parte politica di Sinistra per Siena. Proprio quando Banca d’Italia ha dimostrato – carte alla mano – come sia lento e difficile cambiare le cose se i vecchi protagonisti non vengono mandati via.
Del progetto di modifica dello statuto che SpS propugna nella lettera accorata di Alessandro Vigni cosa sappiamo? Nulla. La Fondazione ha più volte fatto sapere che esiste una commissione che studia il problema, ma i contenuti delle discussioni sono ignot. Una rapida scorsa al sito dell’ente toglierà ogni dubbio: il vuoto assoluto sull’argomento. Ma se la Fondazione fosse veramente della città se ne scriverebbe ovunque, ci sarebbe un forum per ascoltare i cittadini e costringerli a schierarsi su un pacchetto di proposte, che sono come il progetto del Ponte di Messina. Inesistenti. Così alla gente non rimane altro che pensare che sia davvero “Cosa nostra” la gestione di Palazzo Sansedoni. Esiste, nell’archivio del nostro giornale, il resoconto di un affollato incontro-conferenza stampa tenuto da SpS nell’ottobre 2012, nel quale vengono illustrate delle proposte al riguardo. Ma la bozza di statuto che circola all’interno del palazzo agita le deputazioni proprio per il suo contenuto, specialmente nella parte che riguarda i tagli: i nominati dagli enti locali passerebbero da 14 a 6 e scelti con altri criteri, ben diversi da quelli che hanno imperato finora. Per la Fondazione pare ci sia poco margine per imporre proprie soluzioni, anche perché lo statuto dovrà essere approvato dal Tesoro Quel poco che trapela fa un po’ apprensione: mancherebbe nella bozza di statuto, curata dallo studio dell’avvocato Angelo Benessia (legale della Fondazione ed ex presidente della Fondazione San Paolo), la riga riguardante “Il mantenimento nella città di Siena della sede della direzione generale della Banca”. I giochi sembrano proprio fatti.
Registriamo, infine, che uscire dalla cappa di omertoso silenzio degli ultimi anni è molto complicato per tutti i protagonisti di una stagione scellerata. “Chi sbaglia paga” è un proverbio che ha diritto di domicilio solo in casa degli altri.
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