Buonuscite e buonentrate, mentre la Fondazione raschia il fondo del barile
di Red
SIENA. Antonio Vigni, direttore generale di MPS nel periodo 2006-2011, cioè da euro 3,575 (21 maggio 2007) a euro 0,25 (30 dicembre 2011), ha ricevuto una somma lorda di 4 milioni di euro “a titolo di incentivo per agevolare la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro e quale integrazione del trattamento di fine rapporto, oltre alle competenze di fine rapporto, al Tfr maturato e ad ogni altra spettanza prevista dalla legge e dal Contratto Nazionale di Lavoro per i Dirigenti di Aziende di Credito”. Meno male che è stata consensuale la separazione: in caso contrario la banca avrebbe potuto far valere i “successi” conseguiti sul campo e addio bonus, solo Tfr per l’ex direttore generale.
Invece al nuovo Direttore Generale Fabrizio Viola è stato riconosciuto un “bonus ingresso” pari a 140.000,00 euro lordi all’atto di costituzione del rapporto di lavoro. La banca ha inoltre confermato integralmente le condizioni del contratto stipulato precedentemente con Vigni in termini di retribuzione fissa (1,4 milioni euro), retribuzione variabile, benefits e durata minima garantita.
Il presidente Mussari ha un compenso di euro 712.500,00 ed essendo in carica fino all’assemblea del 27 aprile, gli eventuali premi, incentivi e buonuscite saranno conteggiate in un’altra occasione. Se sarà attuato un trattamento economico pari a quello che goduto da Vigni, rispetto alle voci che parlavano di 30 milioni lordi in due, il motivo per non licenziare più nessuno si potrebbe maliziosamente ricondurre a qui: ma l’argomento non pare sia molto interessante per il sindacato.
Toccherà qualcosa anche a Gabriello Mancini quando toglierà le tende dalla Fondazione?
Intanto il presidente è atteso dal nuovo round di incontri con i creditori. C’è da programmare il rientro dal miliardo e 50 milioni di debiti scaduti, una tappa indispensabile per evitare le conseguenze della messa in mora dei creditori, mettere in sicurezza i conti della Fondazione e confermare il sostegno alla banca.
Il bagno di sangue delle cessioni a Palazzo Sansedoni ha fruttato, secondo i calcoli più avveduti, poco più di 530 milioni, con una minusvalenza rispetto ai prezzi di carico di 960 milioni, comprese le vendite del 3 aprile. Il gruppo delle banche finanziatrici, sempre guidato da Mediobanca, sembra abbastanza soddisfatto dell’operazione: si e’ svolta nei tempi previsti ed è ora di muoversi sul piano di rientro.
Già ieri i contatti tra le banche e tra queste e la fondazione sono ripresi fitti, c’è da stabilire quanto sarà pagato subito e quanto andrà in scadenza a quando. Fonti di mercato suggeriscono a Milano Finanza “che le banche potrebbero rifinanziare al massimo 350 milioni rispetto al miliardo e 50 milioni di debiti scaduti”. Sempre il quotidiano riferisce di una fonte vicina al dossier che avrebbe detto “Possiamo venire incontro alla Fondazione su una cifra di questo genere.
Crediamo comunque che i presupposti per un accordo ci siano e che l’accordo potrebbe essere trovato a breve”. Ieri, in controtendenza al mercato di borsa che ha fatto un flop clamoroso, il titolo MPS ha ottenuto +0,28%: forse non ha acquistato titoli di stato con i soldi generosamente finanziati dalla Bce, probabilmente perché non aveva il fiato per farlo. Sembra che Monti ci abbia tassato inutilmente, visto che spread e sfiducia degli investitori aumentano ogni giorno di più.