di Giulia Tacchetti
SIENA. Un attico, due coppie, una notte: un viaggio in cui i personaggi confessano tradimenti e rancori fino alle prime luci dell’alba. Costanza ed Alfredo, noto chirurgo, piombano una sera in casa dei due amici Linda e Vanni, apprezzato scrittore, per sfogare il loro risentimento e le loro delusioni con un linguaggio duro, che mette a nudo la fine del rapporto sentimentale (Alfredo ha un’amante “zoccola a costo zero”), ma la forza degli interessi economici, che li tiene uniti. L’altra coppia, priva di beni in comune, vive felice in un attico, poco funzionale, ma costoso, legata dagli stessi interessi intellettuali di sinistra. Le confessioni, seguite da esplosioni di acredine e risentimenti, di Costanza ed Alfredo fanno emergere piano piano il “non detto” tra Vanni e Linda: lei si sente oppressa dal compagno più anziano e derubata delle sue capacità narrative. Alle prime luci dell’alba, mentre l’altra coppia dorme abbracciata, Linda se ne va.
Rubini porta a teatro il suo ultimo film: la storia è la stessa come il cast di attori. E’ un cinema ambientato in un unico spazio, che sembra nato per il teatro, con le tre unità aristoteliche di spazio, tempo, azione. Al titolo del film viene aggiunto “Provando..”, per indicare che stiamo assistendo ad un lavoro di preparazione per il film, per questo la scenografia è abbozzata. Lo stesso regista ce lo comunica prima dello spettacolo, dialogando con l’aiuto regista e con Luca Barbati, autore delle luci. L’espediente ci trasporta nel cosiddetto “teatro dentro il teatro”, di pirandelliana memoria, ovviamente con le dovute distanze, ma che introduce subito lo spettatore nell’atmosfera del palcoscenico , allontanandolo da quella che è la rappresentazione cinematografica. Una nota della regia “Gli spettatori del teatro vedranno il backstage del film senza dispiego di scenografie” ci spiega che i l film è nato con una concezione teatrale, quindi è inutile porsi la domanda se è stato concepito prima per la scena o per il set. La rappresentazione ha un suo ritmo ed una sua leggerezza, che fa ridere della fragilità dei sentimenti, grazie anche all’interpretazione degli attori, conosciuti soprattutto attraverso il cinema e la T.V. Fabrizio Bentivoglio suscita forti consensi tra il pubblico, forse perché abituato a vederlo in personaggi controllati, al massimo con una venatura ironica, che si esprimono attraverso un linguaggio colloquiale. Sorprendente la sua performance in romanesco, il suo muoversi e gesticolare da “coatto”, che diverte lo spettatore. Ugualmente brave Maria Pia Calzone e Isabella Ragonese, interprete nel 2012 de “La commedia di Orlando” di Emanuela Giordano al teatro dei Rinnovati. Rubini, regista e scrittore della pièce insieme a De Silva e Cavalluzzi, mostra una straordinaria padronanza dei due mezzi comunicativi, il cinema ed il teatro, anche se alcuni critici hanno sottovalutato il film paragonandolo a “Carnage” di Polanski. Secondo noi a mancare in questa commedia è la credibilità di certi passaggi emozionali, che avvengono repentinamente ed uno vero sviluppo drammatico nella vicenda, che, pur trattando di storie abbastanza frequenti nel mondo di oggi, non riesce a far emergere il lato tragico che esplode all’interno della famiglia o della coppia.