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Le guerre in Valdarbia tra le due epidemie (1348 – 1374)

Werner von Urslingen by Igor Zhovtovsky

di Augusto Codogno

SIENA. “Tanto tuonò che piovve”, potrebbe essere il proverbio più adatto a definire il periodo di transizione tra questi due catastrofici eventi epidemiologici. Ed infatti per Siena e, soprattutto per la Val d’Arbia, non furono anni di pace, in quanto numerosissime furono le scorrerie degli eserciti che sconvolsero l’area e determinarono morte e distruzione, non meno delle malattie di cui sopra abbiamo parlato. Naturalmente episodi simili erano avvenuti anche in passato, anche se in modo meno cruento, specialmente nella secolare guerra tra “Guelfi” e “Ghibellini” che aveva visto ora l’una, ora l’altra fazione in contrapposizione, danneggiare il contado di Siena. Quindi la Val d’Arbia aveva già patito enormi distruzioni, incendi e saccheggi. Ricorderò, solo per dovere di cronaca, alcuni episodi accaduti nella nostra zona prima della grande peste, come la distruzione del castello di Campriano (Murlo) nel 1266 o 1267, di proprietà di Ranuccio Tolomei.

Fu nell’anno 1342 uno dei primi disastrosi raid della Compagnia di Ventura guidata dal Duca Guarnieri (Wemer Von Urslinen: 1308-1354), che danneggiò tutta la Val d’Arbia da Siena a Buonconvento. Come ci racconta il Dei nelle sue cronache senesi, questo personaggio, una volta rescisso il suo contratto di assoldamento con la città di Pisa (Settembre 1342), si recò con i suoi duemila uomini nel Contado Di Siena: “ .. e arsero e guastarono molte Ville, e presero prede e prigioni; e poi capitaro a Buonconvento, e ine stettero più dì, e facevano molto danno per la contrada ardendo e predando; e stettero a Buonconvento; e poi il Comun di Siena s’accordò con loro, ed ebbero 2.500 Fiorini d’oro, e partirsi dal nostro Contado e andorne a Città di Castello…”.

Le Compagnie di Ventura

Non ci fu periodo peggiore, per gli abitanti della Val d’Arbia, di quello nel quale i soldati mercenari scorrazzarono infliggendo morte e distruzione nelle nostre campagne. Tra il 1350 e il 1370, furono danneggiati borghi e castelli, molti dei quali finirono per essere definitivamente rasi al suolo, scomparendo per sempre dalla toponomastica. Queste “Compagnie” erano comandate da “Capitani di Ventura”. Erano questi “huomini d’arme” che avevano scelto l’arte della guerra come proprio mestiere. Essi guidavano degli eserciti personali formati da mercenari a piedi e a cavallo riuniti appunto in “Compagnie”. Ogni Compagnia aveva un contabile per le paghe ed un notaio che stipulava i contratti di assoldamento con questo o quello stato che ne richiedeva i servigi. Oltre ai denari, le soldatesche si spartivano anche il bottino di guerra e, se c’erano dei periodi di “disoccupazione”, non esitavano a depredare e ricattare chiunque, anche coloro che avevano servito fino a poco tempo prima.

Anno 1354: Fra’ Moriale

Fu un Capitano di origine francese che entrò nella “Grande Compagnia” dopo un passato alquanto pacifico tra le file degli Ospedalieri dell’ordine di San Giovanni di Gerusalemme, per cui gli rimase l’appellativo di “frate” o meglio, specie in toscana, di “friere” (così venivano indicati i cavalieri gerosolomitani). In realtà il suo vero nome fu Jean Montreal du Bar e si presentò dalle nostre parti intorno al Giugno 1354, quando già la sua cattiva fama lo aveva preceduto. I senesi cercarono di prevenire l’arrivo di questa Compagnia assoldando a loro volta altri mercenari da contrapporgli e tentando addirittura di avvelenarli mentre erano accampati ad Asciano e a San Quirico: “…E comproro i Sanesi libbre 135 di risalgallo per attossicare la vettovaglia a Sciano e a San Quirico: questo fu di Giugno. La Compagna (Compagnia) del Friere di Monreale (Fra’ Moriale) sopradetto venne in quel di Siena di Giugno facendo gran danno, scorrendo gran parte del Contado di Siena. Unde poi li Sanesi fero accordo colla detta Compagna, e ebbero dal Comuno di Siena fiorini 13.324 d’oro per taglia, ch’ egli uscissero dal Contado a dì 19 di Giugno…”. La cifra fu altissima, ma Fra’ Moriale non ne godette a lungo perché nello stesso anno fu catturato e giustiziato a Roma.

Anno 1358: La guerra tra Siena e Perugia e le “forche di Pecorile”

Sempre dalle stesse cronache di Neri di Donato si apprende che nel 1358 la città di Cortona si era ribellata a Perugia ed era passata, per suo volere, sotto la protezione dei senesi. Questo ovviamente portò ad uno scontro tra le due città ed ad una guerra aperta, combattuta soprattutto in Val di Chiana e con l’intento di riconquistare anche Montepulciano, con vari assedi e lo zampino apparentemente distaccato di Firenze. Furono però proprio i fiorentini che, a un certo punto, si offrirono di mediare il conflitto e di riportare la pace tra Siena e Perugia. Tra gli accordi risulterebbe un permesso accordato ai perugini, di poter effettuare razzie nella “scialenga”, forse per risarcimento di un torto subito dai senesi, ma senza oltrepassare Buonconvento. Il limite geografico però non venne rispettato e fu in questa occasione che accadde il breve, ma intenso episodio, delle cosiddette “forche di Pecorile”. Anche stavolta fu la Val d’Arbia, da Buonconvento a Cerchiaia (borgo periferico a sud di Siena, due chilometri da Porta Romana), il territorio che subì le più pesanti ripercussioni. In pratica vennero devastate le località che si trovavano sulla francigena tra Buonconvento e Siena, quindi: Borgo Furello, Ponte d’Arbia, Lucignano, Monteroni, Tressa, Isola d’Arbia, Colle Malamerenda e Pecorile.

Il cronista Neri di Donato ce lo racconta così: .. e così poi trapassarono (superarono) Buonconvento, come da’ Fiorentini furo messi al punto (come concordato con i Fiorentini), e vennero infino alle Forche di Pecorile presso a Siena a un miglio, e ine posarono il campo, e guastaro le dette Forche, le quali catene erano a traverso su le more (colonne a base quadrata, in genere a mattoni) delle Forche in luogo di pertiche , e ine s’ appiccava i malfattori; e così li scorridori vennero infino appresso le Porte di Siena. E veggendo questo li Sanesi, si levoro a romore, e armossi tutto il Popolo, e sonaro le campane di Siena a stormo. A questo punto i Perugini si ritirarono con alcuni prigionieri e portano per trofeo quelle catene che avevano tolto alle Forche predette e portarne le dette catene, le quali attaccoro di fuore delle finestre del Podestà a capo la Porta; e parve loro aver fatto le lor vendette, poiché ne portaro le catene delle Forche di Pecorile, che con festa entraro in Perugia”.

La stessa cronistoria di questi accadimenti fu raccontata anche dal fiorentino Matteo Villani, che ci indica anche le date dei fatti (29 e 30 Aprile). Sempre il Villani ci conferma che i perugini “arsono Bonconvento”, arrivarono fino a Porta Romana, rubarono le “forche” di Pecorile e presero molti prigionieri: “Sopraggiugnendo la sera, co’ prigioni che presi aveano in numero di centocinquanta si ritrassono a Isola, e il seguente dì ripigliarono la via d’Asciano, e si ritornarono a Perugia….”. Oltre a questo episodio, la guerra tra Siena e Perugia vide anche altri fatti importanti come l’Assedio di Monte San Savino e di Torrita, ma soprattutto l’assoldamento di un condottiero tedesco dal nome italianizzato di Anecchino di Bongardo. Presto però questo personaggio si svelerà un impostore e a fasi alterne sarà alleato o ricattatore e predatore dei senesi.

Anno 1364. Fu proprio la “compagnia” di Bongardo sopracitato, detta dai senesi “degli Anglicorum” che quest’anno rivolse le sue attenzioni sulla campagna senese ed anche sulla Val d’Arbia, rubando e razziando cibo e animali.

Anno 1365. La nostra area conobbe sfortunatamente un altro condottiero chiamato Giovanni Acuto (John Hawkwood), di origine inglese, il quale aveva prestato servizio per molto tempo nella guerra tra Pisa e Firenze. La sua “Compagnia di San Giorgio” infatti, unita a quella di Messer Ambruogio Visconti, entrò nel senese nell’Ottobre del 1365. Passando da Marmoraja e dopo aver danneggiato rispettivamente Santa Colomba, l’abbazia di San Galgano (Chiusdino) e Roccastrada arrivò a Buonconvento e da qui “corse fino all’ Isola d’Arbia, quattro miglia vicino alla città, e quindi alla Villa al Piano (nel Comune di Monteroni d’Arbia), e quivi appresso bruciò il Castel di Radi di Greta (Radi, sempre nel Comune di Monteroni d’Arbia), e si condusse presso a Montalcino facendo per tutto grandissimi danni”. I senesi, stanchi di tutte quelle scorrerie, assoldarono undici “insegne” di Tedeschi (provenienti dalla zona di Orvieto) che misero agli ordini di Isnardo d’Apruzzi allora “Conservadore” e lo mandarono contro all’Acuto che, dopo un estenuante inseguimento, se ne fuggì verso Sarzana.

Un’altra versione degli stessi fatti ci viene dal cronista Neri di Donato:Misser Ambruogiuolo figliuolo non legittimo di M. Barnabò da Milano con una Compagna che chiamavasi la Compagna di San Giorgio, e con lui era Misser Giovanni Augud vennero a dì 15 d’ Ottobre nel Contado di Siena, e prima a Santa Colomba e Marmoraja, e poi a San Galgano, e a Rocca Strada, e poi a Buonconvento e all’ Isola, e poi nella Berardenga, e poi alla Badia a Isola facendo per tutto grandissimi danni, ardeano, e uccideano e robavano, e così stero più tempo nel Contado di Siena facendo danno inestimabile.

Anno 1366. I raid del 1366 furono altrettanto devastanti, ma stavolta le cronache sono un po’ diverse nel raccontare i fatti e le date.Tenuto conto che per il calendario senese, Gennaio, Febbraio e Marzo 1366 sono, per l’effetto della cosiddetta “incarnazione”, corrispondenti all’anno 1367, non è molto facile capire se tali fatti siano riconducibili all’uno o l’altro anno. Sembra comunque che la Compagnia di S. Giorgio, al quale si era temporaneamente unito anche il Baumgarten, fosse ritornata di nuovo nel senese.

Furono compiuti numerosi atti nella nostra zona e danneggiate le località di Percenna, Ponte a Tressa, Isola d’ Arbia, Cuna e Arbiola. Furono proprio gli uomini di Hannekin Baumgarten che sequestrarono degli operai nel villaggio di Cuna, prontamente riscattati dall’Ospedale di Siena e che bruciarono la zona intorno a Monteroni. Secondo altre cronache sembra che i reati siano da attribuire solo alle masnade di Giovanni Acuto, ma i documenti da me consultati confermano senza ombra di dubbio anche il coinvolgimento del Bongardo. Nel marzo del 1366 infatti, il grancere di Cuna riscattò con fiorini 31 alcuni “pregioni” catturati dai condottieri. A seguito di questo attacco, quasi tutta la popolazione di Cuna fuggì e si era rifugiò in un’altra grancia più lontana: quella di S. Angelo in Colle. Ecco il perché di un altro documento datato 8 giugno 1366, dove il grancere di S. Angelo (in Colle) addebitò a quello di Cuna il costo di 3 moggi e 13 staia di pane cotto e 6 staia di orzo che aveva usato per il sostentamento dei fuggitivi, i quali “vi stettero per (colpa della) chompagnia di messer Anechino”.

Con molta probabilità queste razzie, fatte solamente o, anche dal Bongardo, cessarono nel mese di Aprile 1366 quando il Comune di Siena si decise a pagare (ancora una volta) 10.500 fiorini ai diversi capitani di Ventura affinchè dessero tregua alle terre senesi. Tutte queste atrocità costrinsero gli abitanti del contado a chiedere ripetutamente la protezione del Comune di Siena, come ben evidenziato da una petizione fatta nel Giugno del 1366 dagli uomini di Tressa, Arbiola, Isola d’Arbia e Cuna, i quali chiesero specificatamente al Consiglio Generale, un impegno a costruire una fortezza presso la Grancia di Cuna. Sempre nel settembre di quest’anno (il giorno 19), una lettera del Pievano Domenico al Vescovo di Siena Azzolino, conferma quanto sopra sostenuto e cioè che alcuni poderi di Cuna furono bruciati dal Bongardo.

La lettera, proveniente dall’archivio arcivescovile di Siena, fu scritta da Domenico di Pietro, Pievano di San Martino in Grania (località delle crete oggi nel Comune di Asciano, ma più vicina a Cuna e Monteroni), il quale chiese la concessione di una “licentia alienandi” per ricostruire una casa mezzadrile bruciata proprio dalle soldatesche di Anichino di Bongardo (37). Credo sia interessante riprodurre anche parte del documento: “…Coram vobis reverendo in Christo patre et domino domino Aççolino Dei et apostolice Sedis gratia episcopo senensi, ego presbiter Dominicus Petri plebanus plebis S. Martini in Grania vestre senensis diocesis, expono dicens quod per gentem perverse et malingne sotietatis domini Anecchini de Bongardo quem territorium et districtum civitatis Senarum invasit et eo tempore quo ipse dominus Anecchinus moram traxit cum gente sua apud Cunam comitatus Senarum, quedam domus cum una capanna dicte mee plebis conbuste et destructe et concremate fuerunt…”.

Anno 1371. Dalle deliberazioni del Comune di Siena emerge che nel marzo del 1371 (6 marzo per la precisione) Lucio di Landau e Federigo da Brescia (capitani di ventura) avevano attaccato la città di Campagnatico dando fuoco a circa 280 case. Qualche giorno dopo invece bruciarono più di 2000 case nella zona tra Monastero (località di Costafabbri presso Siena) e Montecchio. Il “castro” di Mugnano di Creta (Comune di Monteroni) fu addirittura raso al suolo e di questo villaggio non rimase quasi più nulla. La cronaca di Neri di Donato è ancora più precisa e ci racconta che la Compagnia detta “del Conte Luzio” venne il 7 Marzo del 1371 nel Contado senese. Essa era formata da mercenari che combattevano al soldo dei Perugini e dei Fiorentini e più precisamente, la parte che era pagata dai fiorentini aveva come suo Capitano Federico da Brescia, mentre quella pagata dai perugini era comandata da due Capitani che si chiamavano “Conte Luzio” e “Anasi da Rieti”. Fecero scorrerie e danni fino alle porte della città, danneggiando il Mulino della Badessa (Le Badesse), S. Maria al Poggiolo e Fontebecci. Il giorno seguente (8 Marzo 1371), andarono a S. Maria a Pilli, a Villa al Piano (oggi Ville di Corsano nel Comune di Monteroni d’Arbia) e a Mugnano (idem). Il giorno 12 Marzo arsero e distrussero tutta la zona intorno a Monastero (Monastero di S. Eugenio nei pressi di Costafabbri) e a Montecchio, ardendo centinaia di case. Il 14 Marzo si accamparono a Presciano (Taverne d’Arbia) e Siena mandò alcuni ambasciatori per cercare un accordo. Nei giorni seguenti si spostarono nella Berardenga (secondo il cronista per paura dei senesi che stavano organizzando un esercito di oltre 4000 uomini). Il giorno 20 Marzo fecero campo a Monte Sante Marie, meditando di espugnare Asciano, ma poi deviano il loro percorso e tornarono in Valdarbia il 21 di Marzo e come riporta la cronaca:E poi la detta Compagna andò a Cuna, e derovi la battaglia”.

Fu a questo punto che Siena riuscì ad accordarsi con i mercenari. Era il 22 Marzo 1371 quando il Comune senese pagò 8.000 fiorini d’ oro e consegnò 20 Moggia di pane. Il 31 marzo la detta Compagnia se ne andò in quel di Volterra.

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