Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto

La Porta e il Monastero di Busseto

Prima parte di una lunga storia...

di Augusto Codogno 

SIENA. (Prima parte) Da Porta Ovile le mura salgono verso la Basilica di San Francesco e poi scendono delimitando quella che da sempre viene chiamata la “Valle di Follonica” dalle antichissime fonti ancora visibili immerse nel verde. Poi cominciano a risalire verso Porta Pispini (anticamente S. Viene) e qui, prima di giungere ai resti di uno dei “Fortini” cinquecenteschi progettati da Baldassarre Peruzzi, troviamo i resti di quella che fu l’antica Porta di Busseto, da tantissimo tempo tamponata.

Il toponimo “Busseto” è antichissimo e ne abbiamo testimonianza da una pergamena del Dicembre 1067 della Badia di S. Michele a Passignano, dove compare come “Vocabolo” in un atto di vendita di terreno stipulato da Pietro notaio in Castelvecchio. Sempre della stessa Badia dell’ordine Vallombrosano e sempre nello stesso anno e nello stesso mese, emerge il luogo di “Busseto” in un altro contratto di vendita stipulato tra un tale Prasma del fu Gezzone e rogato dallo stesso Pietro notaio che indica curiosamente, come luogo di stipula, “casamia a Castelvati”. E’ da notare subito una cosa fondamentale per quest’area e cioè la presenza di quest’ordine religioso che di lì a poco darà vita ad un importantissimo Monastero maschile, con omonima chiesa denominata Abbazia dei SS. Jacopo e Filippo. Di questo Istituto torneremo a parlare nella prossima puntata dedicata alla Porta di San Viene o dei Pispini. Accenniamo soltanto che da questa dipendeva un piccolo Ospedale, che essendo successiva in ordine di tempo ad un’altra abbazia dello stesso ordine (quella di S. Michele nel Poggio S. Donato) venne detta “Badia Nuova”, che anche le compagnie militari di questa contrada presero il suo nome e che rimase conosciuta fino al secolo scorso come “Monastero Femminile di Santa Chiara”.

Se Porta San Viene fu sempre associata alla chiesa dei santi Jacopo e Filippo prima ed a quella di Santa Chiara successivamente, anche Porta Busseto ebbe la sua chiesa ed il suo monastero, ma di questo, nella storia senese, poco si è parlato.

Il Monastero di San Giovanni a Busseto

Nei diversi diari senesi, compreso quello del Gigli si legge che “più non esiste nell’orto di questo locale la chiesa di San Giovanni Battista a Busseto, già monastero di suore fabbricato da Pietro Sansedoni nel 1352 e abolito nel 1494”. Io credo invece che la data di edificazione vada spostata al 1354 in quanto prima fu costruito un piccolo oratorio, poi un piccolo altare dentro di questo e, solo successivamente, un monastero femminile. Innanzitutto ricordiamoci che, fin dal 1348, Pietro Sansedoni era ascritto all’Ordine dei Cavalieri Os pitalieri o Gerosolomitani di San Giovanni di Gerusalemme, il che potrebbe aver influito non poco sulla titolazione scelta per la chiesa che di lì a poco sarebbe stata eretta. Dunque, per ricostruire le tappe di questo antichissima “ecclesia”, dobbiamo per forza disturbare l’archivio Sansedoni, poichè a questa famiglia si devono, sia la sua nascita che le sue vicissitudini.

L’inizio della storia è senz’altro l’anno del signore 1344 (Marzo–Regesti Pergamene Sansedoni), quando, i fratelli Gonterio e Cecco, figli del fu Goro Sansedoni e gli altri fratelli Ciampolo e Gonterio, nipoti di Goro, (in quanto figli del fu Palmerio di Goro), donano a Pietro di Pepo di Goro Sansedoni un pezzo di terra ortiva, con una casa, una carbonaia ed alberi, in “contrada e popolo di S. jacopo dell’Abbadia Nuova di Siena” affinchè vi possa costruire un romitorio.

Nel 1352 (Giugno 23), il Vescovo di Siena, con sua licenza, concede a Pietro di Pepo di Goro Sansedoni di erigere un altare per celebrarvi la messa nell’oratorio di San Jacopo della Badia Nuova di Siena. Dunque, riassumendo, nel 1352 c’era già un modesto “romitorio” o “oratorio” e viene autorizzata la costruzione di un altare al suo interno.

Solo nel 1354 (atto del 22 Aprile), frate Pietro di Pepo di Goro Sansedoni, chiede al Vescovo di poter edificare un vero e proprio Monastero di monache: monache “sub vucabolo et honore beati Johan..Battiste” con tanto di “ecclesia, cimiterio, campanili, campana, dormentorio, refettorio…” ed altro che necessiterà in futuro a quelle vergini ed alla loro Abbadessa ed il Vescovo concede quanto supplicato.

Nel 1368 (atto del 5 Luglio) e cioè 12 anni dopo la richiesta, il Monastero femminile di San Giovanni a Busseto esisteva già ed era vicino a quello maschile dei SS. Giacomo e Filippo a Porta San Viene. Infatti Pietro di Pepo Sansedoni chiede di poter costruire una chiesa in detto monastero e di poter nominare un cappellano che ci dicesse la messa. E la richiesta, Pepo, che agisce a nome delle sue monache, la inoltra proprio a tale Marco, abate della Badia di “S. Jacopo in Borgo Badia Nuova” che, riuniti i suoi frati in Capitolo, concede il permesso.

Nel 1381 (ASS, Registro “Ospedale 20” Settembre 23 c.147r) veniamo a conoscenza di un lascito fatto dalla donna di tale Andrea Naddino al “Monistero di San Giovanni Batista presso alla Badia Nuova” che consiste in una possessione nella valle di Follonica.

Nel 1390 (atto del 30 Settembre), un tale Giuntino di Binduccio Giuntini, del popolo dell’Abbadia Nuova di S. Jacopo, fa testamento e lascia erede del podere di Montechiari il Monastero di San Giovanni Battista di Siena “presso la porta a Busseto”, nel quale chiede anche di esser seppellito, alla condizione che le monache vivano in comune, sotto pena, qualora non ottemperassero a quanto richiesto, che l’eredità passi allo “Spedale grande di Santa Maria”.

Il Monastero è ancora sotto protettorato della famiglia Sansedoni, come si rileva dalla scelta dell’esecutore testamentario che è, dagli atti, Binduccio di Francesco Sansedoni.

Secondo quanto riportato da un esimie studioso ( A. Liberati) nel Bollettino Senese di Storia Patria (vol. anno 1949-1950), le monache di San Giovanni presero possesso, intorno al 1430, del vicino monastero di S. Giacomo e Filippo, abbandonato dai Vallombrosani, ma non ne abbiamo prova certa se non che nel Febbraio 1432 lo Spedale S. M. della Scala pagò alle monache di “Sancto Giovanni Battista de l’Abbatia Nova” lire LXVIIII, per 2 moggia di grano che “comperorno da noi per soldi XX lo staio, del quale lo facciamo pulitia (ASS Spedale Conti Correnti Vol. 563, c.99 e citazione del Tizio). Doveva però essere in cattivo stato la vecchia chiesa del Monastero di Busseto, tanto da dover essere riedificata, come testimonia un atto del 1447, nel quale le suore di San Giovanni avanzarono richiesta di sussidio al Concistoro dichiarando che “havendo di novo facta edificare una bellissima chiesa nel decto monastero ad honore di Dio et di Sancto Giovanni Baptista, et havendo per laudabile consuetudine ciascuno anno al dì de la festività del decto santo, del mese di Giugno, fatto celebrare in essa chiesa et Monasterio una bellissima e solenne festa et maxime havendo intentione di farla molto più bella per l’advenire per cagione della nuova chiesa la quale secondo la loro possibilità anno quanto l’è possibile ornata ad honore di Dio et di Sancto Giovanni……” ecc… Alla fine chiedono espressamente di ricevere elemosine dal Comune di Siena.

Un’altra carta ci dice che Il 7 Gennaio 1455, suor Clemente, badessa del Monastero di San Giovanni Battista di Siena, nomina alcuni procuratori e giusperiti per una causa in corso. Nel 1494 il Monastero viene abolito, ma la chiesa rimane e sempre sotto protezione della famiglia Sansedoni.

Poche notizie abbiamo di questa chiesa nel secolo successivo, ma è certa una sua progressiva decadenza, sia strutturale che economica ed agli inizi del XVI secolo la struttura sembra anche aver subito depredazioni. Nel 1513 infatti (29 Luglio in Roma), Il Reverendo Ieronimo Cinucci, vescovo di Ascoli, auditore generale della camera apostolica, commissario e giudice ad hoc, ad istanza del Reverendo Francesco Sansedoni, rettore della chiesa di S. Giovanni Battista all’Abbadia Nuova di Siena, ammonisce qualunque persona, di qualsiasi grado e condizione, di restituire nel termine di quindici giorni al predetto Reverendo Francesco, sotto pena di scomunica, tutti i beni stabili, consistenti in terreni boschivi e prativi, oltre che i frutti degli stessi; nonché masserizie di casa e oggetti della chiesa: oro, argento e denari; o di rivelare i nomi di chi li possedeva ai notari dell’arcivescovado di Siena. Nel 1518 (29 Maggio), la chiesa è ancora sotto i Sansedoni e i beni vengono restituiti: Pietro di Conterio di Pietro Sansedoni, rettore ed abate della chiesa abbaziale di San Giovanni Battista di Siena, avendo ottenuta con autorità apostolica la detta chiesa di patronato laico ed essendosi, un certo Francesco di Giovanni Badini ed altri, appropriati dei frutti di detto beneficio senza aver alcun diritto, ricorre al sommo Pontefice il quale commette con un suo breve al proposto della cattedrale di Siena e al Vicario Generale, di giudicare di detta causa, e di farne osservare il giudicato.

A Repubblica di Siena ormai caduta, un atto del 1577, ci conferma che S. Giovanni Battista a Busseto era ancora retta da un Sansedoni e precisamente dal reverendo sacerdote Giulio Sansedoni che in quest’anno stipula una rescissione di un contratto fatta dai suoi predecessori ad un tal Maurizio Moretti, macellaio di Siena e relativa alla vendita di un pezzo di terra. Quando tutti i beni passarono alle Monache di Santa Chiara che, nel frattempo avevano preso abitazione nel contiguo Monastero dei SS. Giacomo e Filippo, anche questa Chiesa passò sotto la loro disponibilità, ma la famiglia Sansedoni ne mantenne il Patronato. Nel 1635, esisteva ancora come “semplice benefizio” ed entrava a far parte delle disponibilità del “Tesorierato del Capitolo della Metroplitana di Siena”, dignità istituita e ricoperta dalla famiglia Sansedoni che ne avrà la guida fino al 1798 quando l’ultimo suo discendente (Ambrogio Sansedoni), rinuncerà e passerà il testimone al sacerdote Stefano Bernardo Tolomei.

Secondo alcune cronache, l’antica chiesa di S. Giovanni Battista a Busseto fu demolita dopo il 1656 ad opera delle stesse monache di Santa Chiara, ma alcune carte ci inducono a pensare che fosse solo aggiustata e che sia rimasta, nel solito luogo, fino al 1944 quando fu distrutta dai Tedeschi in ritirata. In alcune vecchie foto del periodo infatti, la si vede ancora in piedi all’ interno dei giardini di quello che a Siena viene chiamato “Distretto Militare”. In una foto in particolare, risalente ai primi anni del 900, questo edificio, viene sottotitolato come Chiesa delle Monache di Vitaeterna, ma trattasi di un errore in quanto il Monastero di queste religiose è stato accreditato con certezza, sempre nei Pispini, ma sulla destra della via scendendo verso Porta S. Viene.

Dunque una storia complicata quella di San Giovanni Battista a Busseto, poco studiata dagli storici, ma che meriterebbe maggiore attenzione perché ci sono evidenti collegamenti diretti con il vicino Ospedale di San Giacomo, l’ Ordine dei Cavalieri Ospedalieri prima e Teutonici poi, la Compagnia Laicale che qui nacque e poi andò a finire, prima nella chiesa di San Giovannino in Piazza della Staffa e poi nella più vicina chiesa di Santo Stefano (ex ospedaletto) e, per non farsi mancare nulla, un altare nel quale anche l’arte dei Vasai officiava.

(segue)

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