Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto

La Canonica di Quinciano, i Tolomei e i Frati degli Angeli

quincianodi Augusto Codogno

SIENA. Per descrivere Quinciano alla maniera del “Repetti”, cominceremo con il dire che è una località “due miglia a ostro di Monteroni” e che “risiede sopra un umile collina fra il torrente Sorra che gli passa a ponente e la strada postale romana tracciata al suo levante”. Con molta probabilità fu attraversata dalla via Francigena, poiché vi è testimoniato un ospedale già a partire dal 1050, ma nello stesso periodo cominciava anche l’ascesa della vicina Lucignano d’Arbia che, nel secolo successivo, diverrà molto più importante. Lucignano infatti, con la sua Pieve di Santa Cristina, già esistente nel 913, finirà per spostare la viabilità da quell’antico percorso che da Curiano e Montedonachi andava verso Greppo, Villa Randagia, Monteroni e Cuna. Quinciano fu sede di un’antica Canonica con la sua chiesa titolata a S. Albano ed anche parrocchia fino allo scorso secolo. Ma fu anche patrimonio della famiglia Tolomei che qui ebbero, fino a metà del trecento, enormi possedimenti, poi passati in larga parte al Santa Maria della Scala.

Tra le prime testimonianze storiche troviamo una importante pergamena che ci racconta come un tale Letulo, nel lontano Febbraio del 1131, dona alcuni terreni in corte di Quinciano e in corte di Monteroni (“de monterone et in curte de quinciano”). Si tratta di un atto rinvenuto nelle carte della Badia vallombrosana di S. Michele di Passignano, ora nell’Archivio di Stato di Firenze e che sarà visibile nel prossimo mio libro, ormai in uscita, sulla francigena in val d’Arbia. In questo atto, redatto da Rollando Giudice e Cancelliere, Letulo di Benzone e sua moglie Teberga di Giovanni, regalano ai monaci di S. Michele di Passignano terra e vigna che avevano sia a Monteroni che a Quinciano.

A partire dal 1202, quando un “Pepo da Quinciano” fu testimone di un trattato d’amicizia tra Siena e Perugia (Capitolo I del Caleffo Vecchio), i documenti su Quinciano si moltiplicano ed il toponimo compare in decine di contratti e donazioni (1209, 1210, 1222, 1229, 1230 ecc…).

Nel maggio 1234, compare in un testamento, tale Gerardino del fu Ugolino da Quinciano, che sembra essere ricchissimo e che lascia degli appezzamenti in questo luogo, all’Ospedale di Siena.

Del Gennaio 1249 è invece una delle prime menzioni di un Priore di Quinciano, che sembra avere stretti rapporti con gli agostiniani di Siena e di S. Salvatore al Lago.

Nel 1263 la località risulta già essere un “Comunello” di quelli detti “oltre le masse” e quindi gode di una certa autonomia.

E’ però del 1285 la prima e cospicua donazione fatta in favore del Santa Maria della Scala che, grazie al Ristoro di Giunta Menghi, entra in possesso di un grande terreno e una casa. Ristoro di Giunta, che donerà successivamente altri terreni ad Isola, Monteroni, Cuna ed ancora a Quinciano, diventerà poi Rettore dell’ospedale senese.

Nel 1287 sono ancora gli agostiniani che, grazie al lascito di Giovanni del fu Buonamico, ottengono tre pezzi di terra a Quinciano. Stavolta i beni vengono posti nelle mani di frate Placido, priore del convento di S. Agostino di Siena.

Nel 1295 comincia una diatriba tra il Concistoro di Siena ed alcuni ordini ecclesisatici con, in prima linea, proprio il Priore di Quinciano. E’ lui che il 2 giugno 1295 presenta un ricorso ai Signori Nove di Siena, affinché fossero tolte dallo statuto sanese alcune rubriche contrarie alla libertà ecclesiastica. Dallo Statuto dei “Domini Viari” invece, apprendiamo che, sempre nello stesso periodo (1285/1295), la Canonica di Quinciano possedeva un mulino sulla Sorra ed era un importante incrocio stradario tra la francigena e Montedonachi (ind. ccclxxx), la strada per Pino-Sovignano e Murlo e quella per Querciola-Monteroni (ind. lxxxviiii)

Nel 1302/1303 (decime Pontificie), la chiesa di Quinciano è dipendenza della Pieve di Lucignano, ma ha anch’essa una sua succursale. Si tratta della chiesa di S. Pietro in Campo vicino alla località di Caggiolo, da non confondersi con l’omonima della diocesi di Pienza.

Nell’ Estimo del 1317/1319, gran parte del territorio circostante al nostro borgo, appartiene ancora ai Tolomei eccetto 16,71 staia (circa 2,2 ettari) che sono del Santa Maria della Scala e alcuni piccoli appezzamenti di pertinenza dei canonici.

Il primo grande e significativo stravolgimento di Quinciano avviene nel 1322 ed in contemporanea con un grande avvenimento di quegli anni.

IL tutto fu dovuto a Bernardo Tolomei che, ritiratosi nel 1319 a vita solitaria presso la località di Accona, insieme a Patrizio Patrizi, Ambrogio Piccolomini e altri seguaci, per volere del vescovo di Arezzo Guido Tarlati diede inizio alla Congregazione Benedettina di Monte Oliveto. A questo punto, altri membri della famiglia, diretti familiari, cominciarono a spostare i loro possedimenti per accentrarli nella zona del nuovo monastero (vicino a Chiusure- Asciano). Ecco che, con tale strategia fondiaria nella testa, Antonio di Meo di Incontrato Tolomei, comincia uno scambio di terreni con il Santa Maria della Scala per un valore di traslazione di 3.262 lire senesi.

In quest’ottica di acquisizione si inserisce anche l’acquisto realizzato a Chiusure nel Marzo 1322, realizzato con la vendita di 350 staiori di terra “laborativa e vineata” che i Tolomei avevano a Quinciano. La vendita fatta da Meo di Incontrato dei “beni quincianesi” al Santa Maria della Scala, fruttò ben 5.366 lire (rappresentava il 26,6% dei suoi beni personali) e fu un grande cambiamento per la nostra località che si ritrovò in gran parte sotto l’ala dell’Ospedale senese.

Altri lasciti, come quello del 1328, dove “Cenno da Quinciano” donava i suoi beni in loco all’ente sopracitato, non fecero altro che rafforzare la presenza del Santa Maria nel nostro borgo.

Intanto la Comunità di Quinciano continuava a rimanere un “Comunello” del contado senese e pagava le proprie tasse comunitarie. Ad esempio, nel 1134, concorreva ai tributi con “1 cero da 3 libre, 3 once di cera per i fiori e 1 cero da 1 libra”. Tutti questi passaggi, vendite, donazioni, permute, sortirono negli anni successivi alcune rimostranze tra i Tolomei e l’ospedale senese, tanto che ne venne fuori una sorta di processo con tanto di testimoni. Sono del 1339 (Settembre-Ottobre), alcuni interrogatori proposti dal procuratore dell’Ospedale di Siena (tale Pietro Aiuti), in causa con i figli di Mino di Stricca Tolomei, allo scopo di dimostrare il possesso di alcuni beni a Cuna, Campriano, Querciola, Villa Randagia, Radi e Quinciano. Una delle date più importante per il nostro borgo però, rimane quella del Gennaio 1443, quando con un atto stipulato in Firenze nel banco dei Mercanti, il rettore rinunziò la sua chiesa di Quinciano ai Frati Agostiniani degli Angeli di Siena, i quali assegnarono per ott’anni a quel parroco un’annua pensione di 50 fiorini d’oro.

Ma i dissidi con il Comune di Siena non erano ancora terminati e, nel 1451, quest’ultimo pretendeva alcuni tributi dalla chiesa di S. Albano.

Saltiamo adesso un po’ di storia (del resto questo è un articolo e non un libro) ed andiamo al 1676 quando l’illustrissimo signor Bartolomeo Gherardini, Auditore Generale in Siena visitò il Comunello di Quinciano ( Estratto della Visita fatta dall’ nel 1676 ASS, ms. D. 83, cc.15ss).

Ecco cosa si annotò: Il Comune di Quinciano è composto da anime 84, di cui 48 adulti e 36 che non si comunicano.” Nel 1692 abbiamo una situazione più chiara di Quinciano e dei suoi proprietari:

PODERE PROPRIETARIO

Colombaio Padri di S. Maria degli Angeli

Casana Padri di S. Maria degli Angeli

Greppo Padri di S. Maria degli Angeli

Casino Monache di Vita Eterna

Montefiori Signor Spennazzi

Casello Padri di S. Maria degli Angeli

Loggie Signori Piccolomini

Sorra Signori Mignanelli

Palazzetto Signori Piccolomini

Canonica Padri di S. Maria degli Angeli

I padri di Santa Maria degli Angioli di Siena manterranno la proprietà dei poderi di Quinciano fino alla fine del 1700, mentre il comunello verrà definitivamente soppresso nel 1809, quando nacque quello di Monteroni.

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