Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto

Cuna prima della Grancia

di Augusto Codogno

MONTERONI D’ARBIA. Se è vero che dire “Cuna”, per un senese, equivale a dire “Grancia”, è pur vero che questo villaggio attraversato dalla “Via Francigena”, parimente alla sua Chiesa, era presente ancor prima che questa grandiosa fattoria fortificata venisse alla luce. Su di una dolce collina a pochi chilometri da Siena, lungo l’antica “Strata Francisca”, come si appellava la Francigena in alcune delle pergamene da noi esaminate, sorgeva l’antico villaggio di Cuna. Probabilmente, intorno all’ anno 1.000, era formato da un “Castelletto” fortificato di piccole dimensioni (come emerge anche dal contratto con il quale fu acquisito dall’ Ente senese), dalla chiesa di S. Giacomo, poi divenuta dei SS. Giacomo e Cristoforo e da un piccolo ospedale (xenodochio), sicuramente accanto alla chiesa stessa. Il castelletto fu poi inglobato dalla Grancia e ne costituì il centro della fabbrica. La Chiesa fu riedificata sopra la vecchia nel 1314, lo stesso anno in cui si iniziò la costruzione della Grancia, mentre l’Ospedale andò a costituire l’abitazione del parroco e fu traslato all’interno della nuova fabbrica del S. Maria della Scala. Mentre l’esistenza di un piccolo castelletto sopra il Poggio di Cuna è testimoniata da tre contratti del 1295, 1304 e 1305, della chiesa e del suo ospedale abbiamo notizie ancora più antiche.

La prima testimonianza di uno “xenodochio” risale ad una Bolla Pontificia di Eugenio III in cui, il 3 Maggio 1152, si confermava il Privilegio di questo piccolo ospedale ai monaci certosini di Santa Mustiola. La Bolla, scritta da Papa Eugenio III è indirizzata all’Abate Arnolfo, Priore del Monastero della Santissima Trinità di Torri, al quale successivamente venne affiancato anche il titolo di Santa Mustiola ed è ancora oggi un luogo pio posto in Val di Merse vicino a Rosia. Non conosciamo i motivi per cui questo Monastero avesse un raggio d’influenza così ampio e fosse tenuto in tanta considerazione dalla chiesa romana, ma certo è che i suoi possedimenti andavano dalla Montagnola a Monteroni (altro antico Ospedale), da San Quirico in Val d’Orcia a Siena città, dove, i Certosini, esercitavano giurisdizione anche sulla parrocchia di S. Paolo, alle Logge della Mercanzia. Il loro declino economico cominciò agli inizi del 1400 quando, per motivi finanziari dovuti a debiti contratti, furono costretti a vendere molti dei loro beni immobili. Di questo documento hanno disquisito nei secoli scorsi diversi studiosi come il prete Giuseppe Merlotti, autore di una minuziosa raccolta sulla Storia delle Parrocchie Suburbane della Diocesi di Siena, il Pecci, il Malavolti, il Repetti, l’Ughelli ed anche Girolamo Gigli nel suo famosissimo “Diario Senese”, dove pubblica anche il testo originale della Bolla Papale (Archivio Opera Metropolitana) che vi riporto solo nella parte che ci riguarda: “…& sustentatione concessa sunt usibus omnimodis profutura salvo in supradicto Xenodochio de Cuna unus cerei censu, quem annis singulis episcopo Senensi debetis per solvere……”. Dalla lettura del Documento si evince che alla data del 1152, esisteva già questo piccolo Ospedale ed era di pertinenza dei monaci certosini di Santa Mustiola di Torri in Val di Merse, ma leggendo attentamente si dice che questa pertinenza, viene confermata sull’esempio di quanto aveva già fatto il predecessore Papa Innocentii (Innocenzo II). Quindi si conferma un privilegio ancora più antico e già esistente ai tempi di Papa Innocenzo II, che fu Pontefice dal 1130 al 1143.

La Chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo

Se sulla esistenza dell’Ospedale di Cuna, possiamo ragionevolmente spingerci indietro almeno fino agli anni 1130/1140, sulla chiesa di S. Giacomo e Cristoforo, si comincia a parlare solo agli inizi del 1200. Dall’esperienza acquisita sulle antiche fabbriche ospedaliere tuttavia, sappiamo che le chiese erano quasi sempre strutturalmente contigue agli ospedali, quindi è facile immaginare che, al tempo in cui era presente lo xenodochio, fosse presente anche la chiesa; pur tuttavia, le prime documentazioni scritte su questa dimora religiosa, partono dagli inizi del 1200. La Chiesa di San Giacomo di Cuna fu inizialmente una collegiata e quindi governata sotto la direzione di un Rettore e due o più canonici. Il patronato veniva esercitato su di essa da un Protettore, in genere da un nobile che viveva o aveva possedimenti nella zona della chiesa.

Di Cuna però, sappiamo che il Giuspatronato, non era totalmente esercitato da soggetti privati, ma, almeno fino ai primi secoli dopo il mille, era in parte popolare. Questo significa che anche la gente di quel luogo partecipava all’ elezione del proprio parroco ogni qualvolta se ne presentava la necessità. In seguito, dopo le note vicende che portarono alla nascita della Grancia ed al passaggio di quasi tutto questo villaggio, nei beni e nelle persone, sotto l’ Ospedale S. Maria della Scala di Siena, anche il Giuspatronato della chiesa e il diritto di eleggervi un rettore, divenne prerogativa dell’ Ospedale di Siena.

La notizia scritta più antica della chiesa di S. Giacomo di Cuna, risale ad un documento stipulato in Siena nella Curia Arcivescovile sotto la firma del notaio Ser Giacomo di Bastone (anno 1267). Da questo atto si evince che di questa chiesa detenesse il giuspatronato Ser Mino del fu Piero, cittadino senese, forse un nobile della famiglia Tolomei, che in quella zona avevano importanti possedimenti. Sempre dallo stesso atto, emerge, come questa chiesa fosse ufficiata contemporaneamente da più sacerdoti sotto la guida di un unico rettore. Questo sistema di collegialità era in uso anche in altre chiese della zona, come per esempio quella di San Donato di Monteroni d’Arbia nello stesso periodo. Più tardi, diminuendo il numero dei parroci, le collegiate tenderanno via via a sparire e rimarrà un solo parroco per chiesa e nei secoli successivi, i sacerdoti continueranno ad essere di numero sempre inferiore, per cui uno stesso prete dovrà occuparsi di una, due, tre chiese contemporaneamente.

L’ Undici Aprile dello stesso anno, il rettore di Cuna, Ser Bernardo di Paracco, alla presenza di Don Giacomo, Vicario Generale dell’allora Vescovo di Siena Frà Tommaso Balzetti, elegge un nuovo canonico della chiesa di Cuna. Si trattava del giovane chierico Bernarduccio (detto Duccio) di Compagno e gli fu combinata una dote annua di Quaranta soldi di denaro senese fino a quando non fosse ordinato sacerdote e poi, dopo l’investitura, la dote sarebbe passata a 110 soldi senesi.

Morto il predetto Rettore di Cuna Ser Bernardo, il giorno 6 Ottobre del 1273, il canonico Bernarduccio di Compagno, dichiarò suo Procuratore Ser Ugolino della Chiesa di San Salvatore di Siena affinchè eleggesse in sua vece il nuovo rettore della chiesa di Cuna. Il 6 Dicembre dello stesso anno, Ser Ugolino, d’accordo con il patrono della chiesa di Cuna, (ASS, SMS ad annum) elegge lo stesso Duccio di Compagno quale rettore della chiesa di S. Giacomo e Cristoforo di Cuna.

Uno dei Signori che detenevano il patronato della chiesa di Cuna, fu tal Messer Ristoro di Giunta di Domenico, figura che ricoprirà un ruolo importante nella nascita della Grancia e nell’ accentramento di beni a favore del S. Maria della Scala in quella zona. Ristoro diventerà a breve Rettore dell’ Ospedale di Siena. A quel punto fu costretto a vendere al Pio stabilimento e per esso al suo sindaco e rappresentante legale Giacomo di Gualcherino, per la somma di Diecimila lire senesi, alcuni terreni in quel di Cuna e quella parte di Giuspatronato che gli spettava sulla chiesa di San Giacomo. Fu questo il passaggio fondamentale che spiega poi come, negli anni successivi, l’ Ente Ospedaliero Senese, avesse titolo sulla chiesa di San Giacomo di Cuna, anticamente di libera collazione.

Nel 1306, dopo alcune problematiche legate all’elezione del parroco di Cuna ed alcune rimostranze dal parte del rettore Ristoro, in accordo con il Cardinale Orsini il Giuspatronato della chiesa di Cuna passò definitivamente all’ Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena.

Nel 1314, nel villaggio di Cuna si cominciò a costruire la Grancia, ma questa è un’altra storia….

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