Il deputato senese è stato il relatore della riforma sui beni confiscati alla mafia
SIENA. Tempi certi nella procedura di sequestro e confisca; utilizzo provvisorio già in fase di sequestro; coinvolgimento delle forze economiche e sociali; trasparenza nei rapporti tra tribunale e amministratori; rafforzamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, potenziamento degli strumenti a sostegno delle aziende. Sono questi, in estrema sintesi, i punti al centro della riforma sui beni confiscati alla mafia in discussione, in questi giorni, nelle commissioni parlamentari. Luigi Dallai, deputato del Partito democratico, è stato il relatore del documento all’interno della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici di cui fa parte.
Più trasparenza nel rigore e nell’assegnazione dei beni. “Il testo su cui stiamo lavorando – afferma Dallai – è frutto della sintesi di sei proposte di legge di iniziativa parlamentare e di una proposta di iniziativa popolare. Abbiamo una grande occasione per dare al nostro Paese un quadro normativo sui beni confiscati più efficiente. Uno degli obiettivi al centro della riforma è quello di rendere più trasparente e rigoroso il meccanismo che regola l’assegnazione e l’amministrazione di beni o aziende sequestrate alla malavita. La cronaca degli ultimi mesi, purtroppo, ha riproposto il problema, come dimostra, per fare un esempio legato al nostro territorio, la vicenda di Suvignano. Il nuovo testo prevede regole chiare per la funzione di amministratore giudiziario che, su incarico del Tribunale e poi dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati dovrà provvedere al bene fino a che il procedimento non sia giunto al termine”.
L’agricoltura sociale e il “caso Suvignano”. “Nell’ottica del recupero economico e sociale dei beni confiscati – prosegue Dallai – è importante mantenere una corsia preferenziale nelle procedure di assegnazione dei beni demaniali e dei terreni confiscati a quelle forme di agricoltura sociale che possono garantire, da un lato la produttività dell’azienda e dall’altro il reinserimento nel mondo del lavoro di persone diversamente abili o svantaggiate. Il ‘caso Suvignano’ da un lato riassume gli errori e i ritardi di tanti anni, ma dall’altro offre l’opportunità per dare finalmente una vita nuova al bene confiscato alla mafia più grande del centro Italia. Facilitare i percorsi di destinazione e gestione dei patrimoni sottratti alla criminalità è sicuramente un passo in avanti per sostenere il lavoro delle istituzioni e delle associazioni che punta a ridare sua destinazione di interesse pubblico a Suvignano. Un lavoro per altro già ben avviato fin dal 2009 da Regione Toscana, Provincia di Siena, Comune di Monteroni d’Arbia che, insieme a Libera e ad Arci, hanno presentato per il suo rilancio e sviluppo sotto il profilo agricolo, turistico e sociale”.