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Cipriani (Ars) parla del quadro sanitario nelle zone geotermiche

di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. In una intervista pubblicata recentemente su Geotermia News, Francesco Cipriani, direttore dell’ARS (Agenzia Regionale Sanità), ricordando in quali casi l’ARS è chiamata ad intervenire con un monitoraggio, precisa: “ARS è ente di supporto tecnico per la Giunta ed il Consiglio Regionale sui temi dell’epidemiologia, che si occupa della diffusione delle malattie e delle sue cause, e sulla qualità dei servizi sanitari. Aiutiamo i politici con informazioni e dati affidabili a decidere cosa fare per migliorare la salute dei toscani”.

Alla domanda più specifica sul quadro sanitario delle zone geotermiche Cipriani risponde: “Per quello che abbiamo capito fino ad oggi, nelle zone geotermiche dell’area tradizionale di Larderello e dintorni pisani non ci sono differenze sostanziali nel profilo di salute rispetto a chi abita nei comuni limitrofi non geotermici. Lo stesso non si può dire, invece, per i residenti nella zona geotermica dell’Amiata grossetana e senese, che presentano un indice di mortalità generale maggiore (+ 10%) (1). Secondo la nostra opinione, tuttavia, tali problematiche sanitarie sull’Amiata non sono però da attribuire alle emissioni delle centrali geotermiche (2). I principali indizi a supporto di questa tesi sono che l’eccesso è presente solo nei maschi e non nelle femmine; è antecedente o contemporaneo con il periodo di massimo sviluppo delle centrali geotermiche, quindi senza la durata di esposizione almeno decennale che possa giustificare lo sviluppo di malattie gravi (3); l’eccesso di mortalità è sostenuto anche da cause per le quali le emissioni geotermiche non hanno certamente alcun ruolo (es. tubercolosi, malattie infettive, tumore dello stomaco) o per le quali non ci sono evidenze scientifiche in letteratura (tumori del fegato e delle vie biliari, malattie dell’apparato digerente) … Per questi motivi stiamo ampliando l’osservazione nei comuni dell’Amiata, alla ricerca di altri possibili determinanti delle criticità rilevate: abitudini di vita (4), attività lavorative, fonti alternative di inquinamento locale. Per rispondere alla preoccupazione della cittadinanza per la presenza delle centrali ENEL geotermiche, rimaniamo ancora qui a studiare lo stato di salute di chi vive o ha vissuto in zone interessate maggiormente dalle ricadute delle emissioni delle centrali rispetto a chi è più lontano o del tutto non coinvolto. E lo stesso ragionamento lo stiamo facendo per chi vive o ha vissuto in zone più inquinate da arsenico e mercurio nell’acqua e nel terreno di probabile origine naturale o dalla pregressa attività mineraria. Ed altri studi ancora sono in fase di avvio per valutare se nel corpo umano di chi vive quassù siano presenti elementi o sostanze dannose per la salute e la loro eventuale origine. Tutte cose che fanno parte dell’attività dell’Osservatorio “Geotermia e Salute” a cui partecipano anche gli esperti di ARPAT e dell’Asl di Grosseto e Siena – oggi ASL Toscana Sud Est – con il supporto anche dei medici di famiglia della zona. Insomma, siamo li a presidiare e cercare di capire”.

Inevitabile dopo le dichiarazioni dell’architetto Fabio Zita, responsabile regionale per la VIA, su un doppio parere (prima negativo poi positivo) formulato dall’ARS sulla centrale di Bagnore 4, una domanda sul suo percorso autorizzativo, alla quale Cipriani risponde: “Abbiamo espresso un giudizio epidemiologico sull’enorme quantità di documenti presentati da ENEL. ARS non ha infatti un ruolo prescrittivo nelle autorizzazioni della VIA, perché questo compete ad ARPAT per la parte ambientale ed al dipartimento di prevenzione dell’ASL di competenza – in questo caso di Grosseto – per la parte sanitaria. Il nostro resoconto ha messo in luce alcune parti dei documenti di ENEL che potevano essere redatti con maggiore cura ed espresso alcuni dubbi sugli effetti sanitari dell’esposizione a basse dosi di acido solfidrico. In particolare, al momento della nostra relazione, nella letteratura scientifica internazionale era già chiaro il rischio per l’uomo dell’esposizione ad alte dosi, ma poco o niente si sapeva sugli effetti biologici dell’esposizione per lungo tempo – anni, decenni – a dosi basse o molto basse (5). Come quelle presenti appunto in alcune zone dell’Amiata. In realtà, pochi mesi dopo il nostro documento per la VIA di Bagnore 4, sono usciti i primi risultati su questo argomento dello studio del Prof Bates condotto nell’area geotermica di Rotorua in Nuova Zelanda. Dove si dimostra che l’acido solfidrico a anche a dosi medio-basse non è pericoloso per l’apparato respiratorio e per il sistema nervoso, i due organi bersaglio su c’erano maggiori sospetti di rischio. Vedremo se l’assenza di danno sarà confermata anche per altre parti del corpo umano. Al momento, comunque, le segnalazioni su riviste scientifiche biomediche sulla mancanza di dannosità dell’acido solfidrico alle dosi presenti sull’Amiata sono decisamente maggiori, per non dire esclusive, rispetto a quelle sui rischi”.

Osservazioni

(1) Nello studio CNR Pisa – Fondazione Monasterio del 2010 commissionato dall’ARS stessa la percentuale era del + 13%. Alla conferenza di Abbadia San Salvatore del 4 novembre 2015 Cipriani stesso aveva specificato: “A fronte di segnali di miglioramento, l’area amiatina continua a mostrare un profilo di salute peggiore di quello dei comuni circostanti. Ed è ancora la popolazione maschile a presentare le maggiori debolezze, in particolare per la mortalità generale (+ 6%) e per i tumori (+ 16%). Rispetto al + 10% del 2000-2009 si riduce perciò la mortalità generale, ma non quella per tumori (+ 17% nel 2000-2009). Rispetto alle precedenti analisi, si confermano i problemi per le malattie respiratorie, ma si attenuano quelli per le insufficienze renali”.

(2) L’ARPAT ha elencato che nelle tonnellate di sostanze emesse, oltre all’idrogeno solforato e al mercurio per i quali l’ENEL stessa ha istallato gli AMIS (Abbattitori Mercurio e Idrogeno Solforato che quando funzionano regolarmente possono abbatterne fino al 90 %, in ciò stesso confermandone la presenza), ci sono anche arsenico, radon, ammoniaca, acido borico, anidride carbonica, metano ad altro ancora. In base ai dati delle emissioni il prof. Riccardo Basosi dell’Università di Siena e il dottor Mirko Bravi, ricercatore “freelance”, hanno concluso in un loro studio specifico che le centrali geotermiche dell’Amiata emettono in atmosfera gas climalteranti e acidificanti 4,4 volte le centrali a carbone di pari potenza (Journal of Cleaner Production nel 2014 e scaricabile dal sito Arpat (tiny.cc/BraviBasosi). In un successivo lavoro (apparso nella rivista QualEnergia di giugno/luglio 2015, pagg. 96-99, “Geotermia D’Impatto, la geotermia italiana oscilla tra ‘free carbon’ e ‘carbon free’, ma è tecnicamente possibile diminuire l’impatto sull’ambiente”) i due studiosi aggiornano le analisi sul potenziale di tossicità per l’uomo delle centrali geotermiche amiatine, tenuto conto che le emissioni di ammoniaca di questi impianti contribuiscono in maniera rilevante alla formazione di particolato fine PM10 e PM2,5 di origine secondaria. Il costo per danni sanitari dovuti alle emissioni di ammoniaca in Amiata, valutato secondo studi della Unione Europea (Report CAFE) sono nell’ordine di milioni di euro, con il paradosso che l’energia prodotta dalle centrali geotermiche gode degli incentivi concessi alle energie pulite e rinnovabili pagati dai contribuenti attraverso le addizionali presenti nelle “bollette” elettriche. Proprio su Bagnore 4 Basosi e Bravi ricordavano: “Riteniamo quindi anomalo che il nuovo impianto realizzato a Bagnore da 40 MW, inaugurato a fine 2014, non rispetti i limiti previsti dalla stessa Regione nella DGR 344, dato che la tecnologia utilizzata (flash + abbattitore) non è quanto di più tecnologicamente avanzato disponibile oggi dal punto di vista ambientale, ma probabilmente solo la scelta più conveniente dal punto di vista economico-finanziario”. Questa precisazione compariva dopo l’indicazione che la ricerca “si concentra sull’analisi delle emissioni geotermiche nell’area del Monte Amiata perché tale area presenta criticità maggiori rispetto alle altre aree geotermiche toscane. Infatti, a fronte di una produzione di energia elettrica da fonte geotermica nel 2010 pari all’11,8% di quella totale regionale, le emissioni in atmosfera amiatine rappresentano una quota ben più rilevante per Hg e NH3 (As 13,7%, CO2 27,7%, H2S 16,8%, Hg 46,3%, NH3 43,3% delle emissione toscane). Anche Arpat nella citata delibera 344 scrive che ‘i fattori di emissione più alti per la quasi totalità degli inquinanti si registrano nell’area geotermica dell’Amiata’”. Mercurio e arsenico sono riconosciuti dall’OMS come cancerogeni di 1^ classe, le centrali amiatine emettono mercurio e arsenico, quindi, per la proprietà transitiva della logica, è quanto meno possibile un rapporto di causa-effetto tra emissioni e aumento dei tumori in Amiata, aumento certificato dallo studio del CNR Pisa- Fondazione Monasterio del 2010, commissionato dall’ARS.

(3) Il prof. Andrea Borgia ha più volte riferito in convegni pubblici che secondo i dati ufficiali le condizioni di salute delle popolazioni amiatine, nonostante le esposizioni al mercurio legate alla pregressa attività estrattiva, erano migliori di quelle regionali fino agli 70; i problemi hanno cominciato a manifestarsi in epoche successive. Avendo preso avvio l’attività geotermica in Amiata all’inizio degli anni 60 sembra trovare conferma l’esposizione almeno decennale per lo sviluppo di malattie gravi. Sempre Borgia, geologo e vulcanologo, stabilisce una relazione tra le perforazioni profonde dell’attività geotermica e la riduzione e il peggioramento della qualità del bacino idropotabile, che presenta concentrazioni sempre più crescenti di arsenico, andato ben al di sopra dei limiti di tolleranza stabiliti dall’OMS, tanto che si è dovuto ricorrere ad abbattitori negli acquedotti.

(4) Le argomentazioni usate per addebitare tali dati a presunti e non documentati diversi stili di vita degli abitanti, già in parte smentite dal doppio confronto dei dati con i comuni limitrofi di riferimento locale, sono state ulteriormente smentite da una più recente indagine comparativa di Fabio Voller – della stessa Agenzia Regionale di Sanità Toscana nonché sottoscrittore con Cipriani stesso e la dottoressa Nuvolone dei documenti con i quali è stata concessa l’autorizzazione per la centrale di Bagnore 4 – sugli stili di vita in Amiata e sui consumi della sua popolazione, che non sono differenti da quelli dei comuni non geotermici; l’indagine smentisce le ipotesi mai documentate, fatte dalla Giunta regionale e da alcuni dirigenti dell’ARS. Nelle sue conclusioni Voller afferma sinteticamente: “Il confronto tra la popolazione residente nei comuni delle due aree geotermiche e quella dell’area non geotermica compresa entro 50 chilometri dall’area geotermica, non rivela differenze rilevanti rispetto alle caratteristiche socio-demografiche e agli stili di vita (fumo, alcol, dieta, attività fisica)”.

(5) Sorge spontanea la domanda sul perché ci si sia limitati al mercurio e all’acido solfidrico e non si siano prese in esame anche tutte le altre emissioni già oggetto di studio della letteratura scientifica internazionale, come sopra riportato. Ed inoltre. La seconda fase di studi da parte dell’ARS non era stata finanziata, con oltre 700.000 €, proprio perché 10 anni di costosi studi ancora non hanno individuato le cause dell’alta mortalità e altre patologie in eccesso rispetto alla media?

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